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Il Conto alla Rovescia

Il destino sembra aver incatenato una serie di eventi che stabiliscono con una buona approssimazione il tempo massimo a disposizione dell’occidente per facilitare una soluzione umanitaria, ma nello stesso tempo rispettosa del diritto internazionale, alla questione dell’aggressione russa all’Ucraina.

I presupposti

Tanti, io per primo, avevamo sperato in un esito più favorevole della controffensiva ucraina, i cui obiettivi erano stati sicuramente dilatati da una gestione mediatica troppo entusiastica. Il supporto dell’occidente non è mancato, ma nella solita modalità intermittente che non garantisce la necessaria continuità a un’operazione militare complessa. I risultati ci sono stati, e di grande valore, ma anche se hanno ulteriormente spostato il baricentro nella giusta direzione, non si possono definire risolutivi. Le linee più arretrate dei russi sono ancora operative, l’autunno è iniziato, la brutta stagione favorirà i russi arroccati in difesa e muniti di una apparentemente inesauribile riserva di missili con i quali fiaccare psicologicamente i loro nemici, putin, nonostante tutto è in sella. La guerra continua.

La situazione

In occidente c’è una certa stanchezza ed è ragionevole. Anni di pace e benessere hanno trasferito a molti di noi l’idea che la pace sia un diritto, non una conquista da difendere, e, vedersi coinvolti in quella che appare una questione lontana con tanto di sacrificio economico, crea sicuramente un logorio che viene sfacciatamente utilizzato dai sostenitori di una soluzione suicida per l’Ucraina. Quelli che “se non mandiamo armi, la guerra finisce“. Un po’ come “se non facciamo la chemioterapia, il tumore, prima o poi, non darà più fastidio“.

Si tratta di un ragionamento assurdo, perché tende a delegare al futuro la soluzione di un problema che, prima o poi, si ripresenterà più prossimo, nella convinzione (forse sponsorizzata), che dopo aver mangiato, lo squalo diventa una specie di pesciolino rosso con cui giocare. In realtà si tratta di una convinzione stupida o, semplicemente, funzionale al supporto di una certa parte del mondo. Tutti abbiamo visto cosa è successo in Ucraina, dagli stupri, alle uccisioni di massa, ai saccheggi. Quella non è stata una guerra per la composizione di un assetto strategico, è stata l’invasione rapinosa e omicida di un popolo che ha fame di benessere e non conosce altro metodo per procurarselo.

In tutto questo si innesta la fragilità intrinseca dei sistemi democratici, in special modo quando si paventano elezioni che possono cambiare assetti politici. Da sempre, il populismo ha giocato un ruolo importante in politica, ma oggi è determinante e si nutre del disagio che tutti stiamo vivendo. Gli esiti di elezioni nazionali, europee e americane, possono essere pesantemente influenzati da questa comprensibile visione “a breve” degli elettori e dalla efficacia della propaganda che vede in mosca, pechino, teheran e pyongyang le quattro stelle dell’anti capitalismo. Nazioni in cui si vive assoggettati alla barbarie di regimi disumani, colpevoli delle peggiori cose, ma immacolate agli occhi degli idealisti e vicine al cuore (e al portafoglio) dei propagandisti.

Il futuro

Un eventuale riassetto politico di alcuni paesi europei o una vittoria di forze populiste in Europa, è sicuramente un fattore di destabilizzazione, ma non sarebbe veramente decisivo per gli equilibri militari a est. La gran parte del sostegno alla lotta al fascismo viene dall’asse Washington/Londra. Oggi, come nella seconda guerra mondiale. Una vittoria repubblicana a novembre 2024, favorita da un’eventuale fallimento della politica di sostegno di Biden, quella sì rischia di aprire il vaso di Pandora. L’Europa, infatti, è militarmente inconsistente a meno degli arsenali nucleari francesi che hanno puro valore di deterrenza. I tempi sono chiari: l’attuale presidenza americana deve, per motivi strategici ed elettorali, ottenere risultati consistenti in Ucraina molto prima delle elezioni. Viceversa, si aprirà l’opzione di una successione che rischia di diventare disastrosa per l’Ucraina, ma anche per tutta l’Europa. Auguri a tutti noi.

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