Come alcuni di voi sanno per esperienza diretta, io cerco di ricambiare l’amore che la vita mi ha dato, dando una mano di persona a chi ritengo di poter essere utile. Un consiglio professionale, una visita a casa, una teglia di pasta al forno, spiegare a dei ragazzi come si risolve un sistema di equazioni lineari a più incognite, accompagnare una persona a fare una terapia, portare un pacco di cose buone o, magari pagare una bolletta che qualcuno si porta in tasca da troppo tempo. In questa mio percorso di crescita, perché per me è una sorta di formazione alla socialità fatta in tarda età, ascolto molte storie. Alcune hanno valenza esclusivamente personale, altre contengono un messaggio che è utile condividere. Così come faccio ora, col consenso dell’interessata, raccontando questa piccola storia di C.
La storia di C.
C. Ha 45 anni, due bambini di 12 e 10 e un matrimonio fallito alle spalle. Spesso capita che qualcuno sopravvaluti la sua capacità di accettare una relazione stabile, con delle responsabilità, che sacrifichi oltremodo il suo ego, specialmente se arrivano i figli e tutto il carico di gioia e preoccupazione che questi portano. E così è stato per il marito di C. che a un certo punto si è sentito costretto in un ruolo non suo e ha lasciato a C. i figli e i debiti che, nel frattempo, aveva contratto a nome di C., per seguire i suoi sogni di grande uomo d’impresa. Non sempre ci leghiamo alle persone giuste. Il cuore si muove per geometrie non euclidee. E questo vuol dire che si pensa di percorrere il tratto più breve tra due punti camminando dritti e, invece, si percorre una lunga curva che richiede tempi, forza e pazienza per essere attraversata. Ed è così che C. è costretta a vendere casa per far fronte ai creditori, spostarsi in un piccolo appartamento a fitto fuori città, lasciare il lavoro che aveva per seguire i figli e iniziare una piccola attività part time che le basta giusto per star dietro alle spese, facendo attenzione a ogni spreco e dicendo no ai suoi bambini molte più volte di quanto vorrebbe. Eppure C. è ancora una bella donna dal viso elegante illuminato da due grandi occhi verdi. E, come tutte le persone sole delle sue età che sono sospese sul sottile diaframma tra gioventù e maturità, ha bisogno che qualcuno glielo dica. Sarà forse anche per questo che si apre un account social dove condivide i suoi scatti panoramici e, ogni tanto, anche qualche foto dove si vede bella.
La storia di X
Capita cosi che un uomo la contatti. In rete sono entrambe anonimi, per questo agli inizi ci sono molte cautele. L’approccio è rispettoso e discreto. La conversazione parte dai luoghi fotografati da C., dal taglio delle inquadrature, dai colori, ma lentamente, inizia a comparire qualche garbato accenno alla grazia dei tratti di C. e lei, che ora vive giorni completamente dedicati al dovere e dominati dalla delusione, ne rimane compiaciuta. La conversazione in rete procede, fino a raggiungere una certa intimità che richiede che due persone si conoscano per il vero nome. Ed è per questo che C., ormai persuasa di avere di fronte una persona affidabile, si presenta per nome e cognome e condivide il suo numero di telefono, in modo da potersi finalmente parlare di persona e abbandonare la chat del social. A quanto pare, però, l’uomo, che da ora chiameremo X, non è dello stesso avviso. Fa un lavoro particolare, dice, che lo porta nei luoghi più remoti del mondo a svolgere compiti speciali, a contatto con persone pericolose, per questo non può condividere la sua identità in rete e, tanto meno, viso e numero di telefono. Non ha relazioni sentimentali e non ha famiglia perché il suo lavoro ha assorbito tutto, ma sente che qualcosa sta nascendo con C. per questo le chiede di continuare ancora così, in nome della sicurezza di entrambi. C. non è un’ingenua e si rende conto che la storia appare quanto meno inconsueta, ma X non è mai stato volgare, non ha mai intrapreso una conversazione spinta, né le ha mai chiesto foto intime. Per questo, forse anche attratta dal clima di mistero, inizia una lunga relazione a distanza con un uomo di cui non conosce nome, viso, voce, indirizzo e numero di telefono. Una relazione che da profonda amicizia si trasforma lentamente in un sentimento, sempre garbato, mai sopra le righe. Nel frattempo X viaggia per il mondo. Le invia foto di luoghi esotici e qualche foto di sé mentre svolge il suo lavoro pericoloso, ma sempre di spalle o col viso travisato, rivolto altrove o tagliato via dall’inquadratura. La ragione è sempre la sicurezza, il segreto, il fatto che X non dovrebbe trovarsi lì e una foto imprudente potrebbe compromettere il lavoro che sta portando a termine.
Il redde rationem
Nel frattempo la vita di C. si complica ancora di più. L’azienda dove lavora non riesce a superare la crisi e chiude. Così C. si trova senza un lavoro stabile, con il marito che si rifiuta di provvedere ai suoi obblighi, costretta a campare di lavoretti e di sussidi statali. L’unico con cui può parlarne è il suo amore lontano, che però, per fortuna, ora le dice che che è stanco di quella vita, vuole fermarsi e mettere su famiglia, magari proprio con C. che ha imparato ad amare e i cui bambini incomincia a sentire come suoi. Per questo, dice, è tempo di fissare un incontro, in una bella città d’arte, dove lui ha la sua casa. Per il lavoro di C. non c’è problema. Nella sua città di origine X ha tanti amici influenti e poi, dopo anni e anni di impegno totale nel suo lavoro, non ha mai avuto modo di spendere i tanti soldi che ha guadagnato. Lui, C. e i bambini potrebbero vivere di rendita per molti anni prima di iniziare a preoccuparsi. C. è felice. Finalmente potrà conoscere l’uomo che da otto mesi è, ormai, il suo riferimento, il suo consigliere, la persona che sente di amare. Ma c’è un ma. L’uomo, prima di ritirarsi, deve portare a termine un incarico in una pericolosa zona di guerra. Cosa di un paio di settimane dice, nella quali però sarà costretto a interrompere ogni contatto. C., ovviamente, non può impedirglielo e poi ha troppa stima di X che ha dimostrato di aver esperienza, competenze e abilità fuori dall’ordinario. Così i due smettono di scriversi e l’uomo scompare. Quando l’assenza supera i tempi previsti, C. inizia a preoccuparsi molto. L’uomo svolge un lavoro pericoloso, in luoghi dove si corrono dei rischi. E se fosse rimasto ferito o, Dio non voglia, ucciso?
Y
Seguono settimane, poi mesi, nei quali X non risponde più ad alcun messaggio. L’account social dietro il quale lei ha sempre trovato una persona amabile, comprensiva, affettuosa, ora è vuoto come una casa abbandonata. Senza un nome o un numero di telefono, C. è preoccupata, crede sinceramente che sia accaduto qualcosa di grave e non sa come fare. Ed è così che fa un tentativo disperato. Da tempo segue un altro account social che sembra avere un’esperienza con qualche tipo di affinità con quello del suo uomo scomparso. Lo contatta e chiede aiuto per rintracciarlo. La risposta che riceve è sincera, ma brutale. Secondo l’opinione della persona interpellata, che ora chiameremo Y con grande gioia di chi ama i sistemi di equazioni lineari, le sono state raccontate un cumulo di sciocchezze. Superando la cocente delusione e un senso di vergogna crescente, C. inizia a dialogare con Y che, forse anche per farla uscire dalla atmosfera di mistificazione nella quale era stata imprigionata, si è subito presentato con nome e cognome. Si è offerto di farle una telefonata e di darle una mano a fare definitivamente chiarezza. Dal confronto emerge immediatamente che a C. sembra sia stata proposta una sorta di figura letteraria, immersa in una versione romanzata e cinematografica di un lavoro particolare. Un racconto che appare del tutto diverso dalla realtà operativa che, pur richiedendo preparazione e competenze, è fatta di persone che non dormono tutte le notti con la pistola sotto il cuscino, hanno i loro affetti e vivono le loro debolezze. C., confrontandosi finalmente con una voce terza, capisce di essere stata vittima della sua solitudine e del suo desiderio di vivere finalmente una storia di amore che andasse oltre l’ordinario. E capisce anche di essere stata preda di un’altra solitudine, di una vita insoddisfatta che ha cercato nella menzogna e nei racconti di fantasia, di essere quella persona avventurosa e forte che ha visto solo nei film. Qualche giorno dopo, quasi che questo bagno di realtà, nel quale è stata ficcata praticamente a forza, le abbia acuito la percezione, navigando su internet, su un sito di agenzie di viaggi, scopre alcune delle foto dei luoghi esotici che l’uomo gli aveva spacciate per sue. La conferma è dolorosa, ma definitiva. Il punto più basso è stato raggiunto. X è un povero millantatore, ora è tempo di ripartire.
Reboot
Ora è già qualche settimana che C., con il supporto di Y, quell’account contattato quasi per caso e dietro il quale ha trovato una persona reale, ha rimesso mano al suo curriculum e si è messa con decisione al lavoro sul progetto di darsi un futuro. Per lei è per i suoi bambini. Come ogni esperienza, anche questa ha lasciato qualcosa. La debolezza non è una colpa e va accettata. Solo in questo modo si può cercare di diventare più forti, crescere e insegnare ai figli ciò che è utile per capire.
Istruzioni per l’uso
Ora che la storia è finita, così come accadeva nei cineforum degli anni 80, vi tocca il dibattito. L’anonimato in rete è una santa cosa. È un po’ come parlare di spalle con voce distorta. Ci consente di aprirci e condividere cose che di persona non diremmo a nessuno. E consente agli altri di confrontarsi con noi senza timidezze o ritrosie. Come tutte le cose preziose, però, va rispettato. L’anonimato non va mai usato per offendere o insidiare le altre persone, perché in quel caso diventa il cappuccio che indossano i malviventi prima di fare una rapina. Un’altra considerazione va fatta sulla solitudine e la debolezza. Tutti possiamo cadere vittima di un periodo nel quale abbiamo bisogno di qualcosa che ci tenga al riparo. Ed è proprio quello il momento nel quale la rete e le relazioni che sulla rete nascono e si sviluppano, possono diventare pericolose. Non c’è niente di male a trovare amicizia e amore in rete. In fondo è un una specie grande locale frequentato da centinaia di migliaia di persone e le probabilità dicono che è sicuramente più facile incontrare in rete una persona giusta, piuttosto che facendo un aperitivo al bar del paese. L’analogia va portata fino in fondo, però. Accettereste mai di prendere un aperitivo con una persona che si siede al tavolo col viso travisato, parla con voce distorta e non vi dice come si chiama? Io no. Le regole sono sempre le stesse e sono semplici. Dopo i primi approcci e prima che il rapporto si trasformi, sempre e dico sempre, pretendere che ci si presenti così come si fa tra persone civili. Nome, cognome, numero di telefono, foto, città. Le parole hanno valore, ma devono descrivere dei fatti. Se rimangono solo parole diventano tossiche e possono fare molto male.
La storia di C. avrebbe potuto finire peggio. Ho personale contezza di malviventi che non si limitano a vivere un personaggio immaginario, ma iniziano a chiedere danaro inventando le più diverse difficoltà. O peggio, si trasformano in tarli psicologici che hanno il potere di erodere dall’interno il benessere di una persona, fino a farla sentire inadeguata, brutta, mal sopportata. Non accettate mai questo genere di condotta. Se proprio non riuscite a uscirne, confrontatevi con una persona terza. A volte, ci costruiamo intorno una gabbia con le nostre stesse mani e solo una mano amica può aiutarci ad uscire.
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21 commenti su “Piccola Storia di C.”
Ad una mia vicina di casa è andata peggio. Anche lei sola dopo la morte del marito, senza figli. Su internet conosce un uomo, anche lui come il signor X benestante, bello, affascinante, dalla vita avventurosa. Ad un certo punto il tracollo, finisce nei guai e le chiede soldi e lei glieli dà. Del resto la felicità vale più di qualche migliaia di euro. Poi sparisce e scopre che le foto sono di un’altra persona ignara di aver fatto da modello per una truffa. Anche a me è capitato di incontrare gente simile, ma sono stato aiutato dal mio braccino corto, appena si è accennato ai soldi ho detto subito che non ne avevo e puff come d’incanto tutto sparisce, anche perché di fregature ne ho già prese ma da amici veri (o presunti tali).
Grazie.Scritta bene e utile per chi entra nel mondo social un pò troppo indifeso…
C. è stata indubbiamente fortunata. Una cara conoscente in un momento di debolezza cadde in una relazione del genere, ma qui l’aggravante fu che iniziarono a chiedere i soldi. Scrivo “iniziarono” perché poi ad indagini finite, venne fuori che era caduta in quelle organizzazioni di cui anni dopo iniziarono a parlare tutti i media diffusamente. Allora, poveretta, era VERAMENTE convinta di aver trovato l’anima gemella.
Mi ricorda storie degli albori della mia esperienza sul web. L’internetto sa essere una brutta bestia se non lo si prende con calma, spirito critico e analitico. Può distruggerti. Almeno per chi è nato senza … e corre il rischio di prenderlo come specchio di quella profondità e verità apparente che può saper trasmettere. Per contro, riesce a stupire per la sua grandiosità, … a volte
Abbraccio C. con grandissimo affetto auspicando per lei un futuro decisamente più roseo che lo merita.
Un grazie e grande stima per Y e Commander, che se non sono la stessa persona allora è… entanglement! 🙂☺️
La storia è molto illuminante. Anche i consigli per chi dovesse trovarsi nelle stesse situazioni sono quelli di buon senso. È quest’ultimo aspetto che sta mancando sempre di più nel nostro mondo.
Saper curare le persone è un dono. Volerlo fare invece è una scelta e un impegno forte, che non tutti sono in grado di affrontare. Così ringrazio il Signor Y per essersi fatto carico della sofferenza della Signora C, che abbraccio, e per averla aiutata a liberare il suo treno dal binario morto su cui si era fermato. Per il Signor X al massimo proverei umana pietà.
Io ho provato ad aiutare chi era in situazioni di sofferenza emotiva, ma si trattava sempre di amiche e amici per i quali è naturale e immediato provare empatia. Non solo una voce ma un abbraccio, una passeggiata, un litigio provocato apposta per svegliarli dal torpore. A volta è stato inutile, altre ha funzionato: sono stati meglio. Loro, e a sorpresa anch’io.
Saperlo e volerlo fare con persone estranee è la parte che rende davvero prezioso quel dono. Per me è facile nel lavoro, dove posso restare al riparo del mio ruolo di testimone (non sempre: a volte mi verrebbe da metterci le mani fino al gomito): io firmo con nome e faccia, ma lì mi fermo. Invece il Signor Y non si limita a guardare: entra in campo, aiuta.
In tutto ciò, sperando che amici e amiche abbiano voglia (ma non bisogno) di parole e dei miei abbracci, cosa posso fare se non possiedo il dono di dare una mano all’estraneo che mi segnala il suo dolore? Scrivo, pur sapendo che non basta. C’erano una volta i social su cui interagire anche con gli sconosciuti, ma vediamo bene che stanno andando a rotoli.
Quindi (dico sottovoce se no mi sgridi perché esagero): credo che anche solo raccogliere e raccontare storie come questa, di dolore e recupero, di altruismo e fiducia, abbia già in sé un valore enorme. Lo è anche aver creato spazioY, casa sicura dove esprimere tutta la normalità e l’umanità che non ha più spazi in piazza, in rete, sui media e volte nel privato.
Oltre a condividere il commento alla storia ed alle emozioni che nutre, vorrei sottolineare la sua ultima frase. Casa sicura. Aaahhh, che piacere! Che bel concetto, casa sicura.
Diamo troppo per scontato quello che in secoli l’ umanità cerca di costruire, una casa sicura. Quel posto dove ti puoi riparare dalle intemperie, rinfrancare lo spirito, una buona risata tra persone che si rispettano, simili e ricche di diversità.
Grazie, Marcello, perché il suo commento è talmente diretto che supera le mie intenzioni. Per me “casa sicura” è un riferimento da Il Signore degli Anelli di Tolkien: viene definita così la residenza degli elfi a Gran Burrone. La Compagnia dell’anello vi si riunisce prima di partire per l’impresa più rischiosa e importante: gettare l’anello di Sauron – origine, strumento e simbolo del Male – nel Monte Fato perché si sciolga riportando la pace e la serenità nella Terra di Mezzo.
Non so cosa si prospetti nel futuro (i segni sono tanti, negativi e minacciosi, ma inesplicabilmente resto ottimista), però sto imparando a considerare SpazioY casa sicura, un luogo virtuale ma così concreto. Ci stiamo bene, siamo arrivati o siamo stati chiamati / attratti qui: possiamo discutere, progettare momenti migliori, dare voce alle paure e alle speranze. Tendo a essere un po’ narrativo… quindi grazie per aver dato alla mia citazione un utile, anzi necessario significato qui-e-ora.
Bellissima storia! Forse C. doveva vivere questa terribile storia con X per poi arrivare a Y. La strada per la felicità è spesso contorta e difficile, spero che C. possa trovare tanta serenità per se’ e per i suoi figli.
In un momento difficile a 64 anni mi sono iscritto a dating. Dopo colloqui infruttuosi ma sempre con attenzione e diffidenza,ho conosciuto una meravigliosa signora. Forse la più bella al mondo, intelligente,coordinava centinaia di persone della Zepter. Quando l’ho vista ho pensato che già vederla era un regalo. Quando lo sposata e ancora oggi mi meraviglio della fortuna incredibile e delle tante coincidenze che ci uniscono. La prima cosa che mi ha chiesto è voglio vederti,parlarti. Da quel momento tutto è accaduto miracolosamente. Quello che voglio dire è che ci sono momenti de debolezza, fragilità ma esistono energie e circostanze inspiegabili che fanno diventare realtà sogni e desideri mai assopiti.
Per aiutare, far bene, servono competenza proffesionalità energia lucudità sicurezza in sè. Non bastano biona volontà sentimentalismi umantà.
Ho scelto non anonimato per essere lucido e critico con me stesso.
Grazie per tutto quanto vuole condividere.
..’professionalità’
La vita reale è anche avere la fortuna e capacità di non farsi fare troppo male dai tanti X che cercano di approfittare dei momenti di debolezza che ognuno di noi ha. È la paura più grande che ho per i miei figli adolescenti, sono esperienze che devi vivere da solo se vuoi crescere e sono i concetti più difficili da insegnare
Caro Y, a nome di tutte le donne grazie di esserci per C.
Ho letto con interesse e massima attenzione. Complimenti .
C’è dolore nella vicenda, come accade sempre quando le persone di cui ci fidiamo ci deludono. C’è del buono anche ed è il periodo dell’inizio (ché, alla fine, 8 mesi in un rapporto non sono che l’inizio), come tutti gli inizi pieno di aspettative, di curiosità, di speranza, nonostante la cautela, che le cose possano andare bene finalmente per noi. Il risveglio piega, sì, ma ci rende più forti, più consapevoli; mica detto che non rifaremo più lo stesso errore, ma siamo un po’ come vaccinati e la delusione, quasi inevitabile, non ci sorprenderà.
Abbraccio virtualmente C e vorrei rassicurarla: la rete è un posto come un altro, ci sono cialtroni (ma forse immersi nella solitudine loro stessi) e persone per bene. È una bella caccia al tesoro.
Credo che la debolezza, in momenti particolari della nostra vita, ci faccia commettere errori come quello di fidarsi di qualcuno che risulterebbe alla maggioranza delle persone inaffidabile. Penso che “l’errore” si possa commettere sia sui social che nella vita reale: Non cambia il risultato, la profonda delusione è la medesima. È proprio la necessità del momento, di avere accanto qualcuno che possa capirti e aiutarti, che può far cadere in un abbaglio in un profondo errore, sia che si viva in paese che in una città. Non sempre si ha la fortuna di incontrare persone con Y che vengono in soccorso fanno aprire gli occhi e forniscono un vero supporto a chi, in un momento particolare della vita, ne ha necessità.
Sono contento che C. ti abbia incrociato sulla sua strada e spero che la sua situazione lavorativa e anche sentimentale possa presto migliorare.
Le sliding doors della vita sono, a volte, a lieto fine. Sono contento per C e anche per Y. Le belle persone restano la maggioranza, devono solo avere lo spunto per palesarsi. Sostengo da sempre la trasparenza e l’identificabilità degli account social. I migliori auguri a C. Buona vita.
Sono contenta che C abbia trovato Y pronto a dargli una mano, è difficile chiedere aiuto quando ci si è costruito una corazza ma se arriva una mano tesa è un grande sollievo,personalmente la gentilezza mi commuove perché non è scontata è un dono inaspettato come l’ ascolto.
Nel web si trova di tutto e quando sei in difficoltà sei facile preda dei tuoi bisogni ma se torni lucido anche per un solo momento rifletti fatti domande scomode,ti puoi salvare