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Vivere contronatura

Il monolite di Kubrick è uno smartphone. Le scimmie sono intorno.

«Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma». Questo enunciato del chimico e fisico francese Antoine-Laurent Lavoisier spiega bene il funzionamento dei cicli naturali. Un po’ come la teoria dell’Anaciclosi di Polibio spiega bene l’andamento ciclico dell’evoluzione politica e sociale nelle società umane.

Ovviamente ogni essere vivente, sia esso un uomo, sia esso un animale, cerca di resistere ai cambiamenti o almeno di adattarli alle sue necessità, per non perdere la sua rendita di posizione, ma il più delle volte è una battaglia persa in partenza.

Di sicuro gli antichi romani credevano che il loro impero fosse imperituro e indistruttibile. Eppure non c’è stato modo di fermare i numerosi processi, i cambiamenti geopolitici, la decrescita demografica, la perdita di dominio, che lentamente e quasi impercettibilmente, ha portato alla fine di quell’epoca. Il risultato è stato devastante e distruttivo per l’Italia, che ha impiegato interi secoli e ha visto molto sangue prima di poter tornare ad avere un ruolo, comunque da comprimaria, nella geopolitica mondiale.

I conservatori rappresentano per certi versi quel mondo: quelle delle persone che credono che il mondo sia immutabile o che sperano semplicemente di non perdere la loro rendita di posizione, ignari del fatto che ciò avverrà, sia che il cambiamento imposto porti a un miglioramento della qualità della vita, sia che porti invece a un brutale decadimento.

Sono come l’imperatore Giuliano, che in un impero romano ormai prossimo alla fine, provò a restaurare il culto pagano davanti a un cristianesimo sempre più invadente e che lui vedeva come una delle cause della decadenza dell’impero, o come quegli uomini che cercano inutilmente di fermare Kathrine Virginia Switzer, la prima donna a correre la maratona di Boston.

Le istanze dei conservatori non sempre sono sbagliate nelle premesse, ma di certo sono sempre perdenti nel risultato. Gli eventi scorrono, l’evoluzione (o involuzione) sociale è inarrestabile, come la pietra che leviga l’acqua: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. I dinosauri si sono estinti, l’impero romano è caduto, le nostre democrazie finiranno, i nostri costumi sono cambiati e cambieranno. 

La più forte opposizione allo status quo che può fare l’uomo in una società organizzata, destinata comunque nel tempo a fallire, è l’imposizione tramite forza. Tutti i grandi imperi, da sempre, hanno prosperato e conservato i propri usi, costumi, lingua, con l’ausilio della forza militare. Quando questa è venuta meno a soccombere è stata anche la civiltà che da tale forza militare veniva protetta.

Mi ha sempre fatto specie leggere opinioni di persone che ritengono gli animali migliori di noi. Io credo che se le scimmie, che ci assomigliano, ma anche i leoni, da cui non discendiamo, avessero la capacità di creare allevamenti e macelli lo farebbero senza farsi molti scrupoli. Ciò che li differenzia da noi è che non hanno né la capacità per realizzare ciò che possiamo realizzare noi, né la nostra capacità di interrogarci sulla giustezza di ciò che facciamo. Chiunque possegga un animale che vive a stretto contatto con la natura sa che esso è in grado di compiere gesti efferati per puro divertimento.

In natura vige la legge del più forte. La violenza è alla base di qualsiasi comportamento animale. Si lotta per diventare il capo del branco, si lotta per poter garantire la riproduzione della specie, si lotta ferocemente per il cibo, si lotta tra specie diverse e tra specie simili e si lotta anche all’interno del proprio gruppo. Questa lotta avviene in ogni gruppo sociale, anche tra animali erbivori.

La guerra quindi è nella natura delle cose. Solo che noi abbiamo la capacità di farla più grande e più distruttiva di qualsiasi altra specie vivente, mentre le altre specie per combattere dispongono solo di denti, corna e zampe.

Quindi, quando si vuole parlare di pace non dobbiamo affermare la superiorità della natura o del divino sull’uomo, ma al contrario, ribadire la nostra estraneità a tale sistema. Ed ecco la critica più pesante che posso fare al “conservatorismo”, soprattutto quello “bigotto”, che vuole imporre la superiorità del “divino” nella società, sia esso di radice musulmana o cristiana. Il bigotto dice sempre: “questo è contro Dio, quest’altro è contro natura”. Ma l’uomo, per vivere in pace, per sviluppare arte, conoscenza, tecnica, matematica, ha imparato a vivere contro natura ad affrancarsi dal ciclo naturale delle cose (anche nel semplice ritmo del sonno) e ha raggiunto conoscenze elevatissime e impensabili solo quando i precetti religiosi non sono stati più parte preponderante e sostanziale delle società umane.

Solo nel momento in cui ci siamo allontanati dal ciclo naturale delle cose e abbiamo imparato a manipolare la natura, ad allevare gli animali, a creare oggetti che in natura non esistono, solo in quel momento è iniziata la nostra evoluzione.

Essere “contro natura” è quindi la nostra salvezza. Si può essere “contro natura” e nello stesso tempo credere nel divino, ma non si può essere “pro natura” e vivere in pace e democrazia. La pace quindi la scriveremo solo nel momento in cui il nostro affrancamento dagli istinti primordiali, quali violenza, sopraffazione del prossimo, tendenza ad agire in gruppi organizzati, che la natura ci ha inculcato, sarà completo. Solo le nostre capacità, solo le tecniche non naturali che abbiamo sviluppato, possono consentire all’uomo di sfamarsi senza che ci siano guerre. Solo la nostra capacità di capire che non possiamo riprodurci come i topi possono fermare una crescita demografica insostenibile.

Per approfondimenti su questo argomento vi consiglio la lettura di questo link.

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