A un click da X

Il mio vicino

Un fruttivendolo ha un mitra e un cellulare in mano.

Avrei voluto scrivere la seconda parte di questo pezzo, ma da giorni non riesco più a trovare le parole per mettere in ordine i pensieri.

Il mio cervello è andato in tilt quando ho visto un gruppo di terroristi di Hamas che teneva in braccio dei bambini rapiti alle famiglie, e i cui genitori probabilmente erano stati trucidati.

Uno di loro, con la bandana di Hamas e il volto incappucciato, dondolava una carrozzina. Un gesto da genitore che ho fatto più volte per i miei bambini. Se mi chiedessero di spiegare il concetto di “banalità del male” forse proporrei questo video come un esempio perfetto. In quel video non si versa una goccia di sangue, non ci sono corpi smembrati, eppure penso che sia uno tra i video più orrendi che abbia mai visto.

Ma è questa la banalità del male? Forse no.

Perché io so che i terroristi di Hamas sono individui accecati dalla loro fede, che non sempre è religiosa – basti pensare ai nazisti – questo è per me un fatto chiaro. Come so che è impossibile usare la logica contro persone che la razionalità l’hanno messa da parte da molto tempo. Non dubito, quindi, del fatto che qualsiasi estremista islamico radicalizzato non si farebbe problemi a sparare a sangue freddo contro qualsiasi individuo inerme che gli capita a tiro, esattamente come ha fatto l’ultimo esponente dell’ISIS che ha freddato due svedesi a Bruxelles solo perché passavano da lì, oppure come hanno fatto gli stessi terroristi di Hamas che hanno massacrato ragazzini ad un rave party solo perché “infedeli”. Non dubito del fatto che queste persone potrebbero sgozzarti senza pensarci nemmeno mezza volta e senza nemmeno chiederti cosa ne pensi di Dio, Palestina o guerra in Ucraina e non dubito che lo farebbero nel modo più efferato possibile.

No, io questo lo so, conosco quel pericolo, lo temo, mi è chiaro. Come so che il male esiste.

Quello che mi fa paura è il mio compagno d’ufficio, il mio vicino di casa, il mio fruttivendolo, la maestra di scuola di mio figlio, il corriere di Amazon, tutte persone che all’apparenza sono identiche a me, condividono lo stesso background culturale, ma che nella loro pausa dal lavoro a quel video rispondono scrivendo che quel filmato è un fake, oppure che i rapitori sembrano gentili e amorevoli – sì proprio quelli che probabilmente hanno trucidato i padri e le madri – per loro sono amorevoli, che gli israeliani se la sono cercata, o magari pubblicano in risposta la foto di qualche bambino palestinese morto, o ancora, presi dal complottismo ti rispondono che chi ha pubblicato il video è un servo della propaganda mainstream, qualsiasi cosa questo significhi.

Il male si annida dietro a quei modi gentili, a quel fare cortese, alla discussione sull’andamento scolastico del figlio, alla chiacchierata sul tempo che volge al brutto. Perché ormai anche il peggiore dei video, la più terribile delle immagini, è diventato soltanto un frenetico tributo all’abitudine, una squallida interpretazione a cui dare un voto e su cui esprimere un’opinione.

Sì, è questa la vera banalità del male. C’è sempre stata, era un fenomeno di nicchia, poi il Covid, la guerra, hanno fatto esplodere il bubbone. Temo che il mio vero nemico non sia l’uomo con la bandana di Hamas in testa, ma il mio anonimo vicino, che come una termite e insieme ad altre termiti sta mangiando il sistema dalle fondamenta e prima o poi lo farà crollare.

Immagine generata da Doxaliber tramite Dall-e

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