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Fenomenologia del Taser

Il mito dello Stopping Power

Nel mondo degli operatori di sicurezza esiste un mito. Si chiama “potere di arresto”, in inglese “stopping power”. Esso dovrebbe misurare l’efficienza di un’arma nell’arrestare l’azione violenta di un aggressore. In pratica, quale sia l’efficacia di uno strumento difensivo quando viene azionato.
Nei film, siamo tutti abituati a vedere malviventi che si accasciano dopo un solo colpo di pistola. Nella realtà, questa non è la norma. Utilizzando uno dei calibri più diffusi fra le forze di polizia (il 9×19 Parabellum), per fermare un criminale con attitudini aggressive servono, a volte, anche sette o otto colpi messi a segno, con l’aggressore che mantiene per diversi secondi la sua capacità offensiva. Se il soggetto è sotto l’azione di droghe o carico di adrenalina e se nessuno dei colpi lede un centro vitale, prima che si abbia uno stop nell’azione aggressiva, possono essere necessari anche quindici, venti colpi di pistola.
La situazione cambia in funzione dell’arma utilizzata (pistola, fucile, calibro delle cartucce), della freddezza del tiratore, del contesto operativo (distanza, all’aperto, al chiuso) e da una serie di parametri aleatori, fra cui il centrare con un colpo un organo vitale, che nessuno è in grado di controllare. Per questo, quando ho parlato di “potere di arresto”, ho usato la parola mito. Alcuni ci credono e lo cercano nei calibri più significativi (357. 44, ecc), altri nella composizione/geometria delle pallottole (fra tutte le hollow point o la munizione spezzata), altri ancora nella frequenza di tiro. Io ho imparato che l’arma con il maggiore potere di arresto è quella che, quando la usi, ti salva la pelle. E questo che sia una 22 o, semplicemente, un buon bastone, una ritirata strategica o la parola giusta detta nel momento giusto, col tono appropriato. Il resto, come tutto nella vita, è un po’ questione di esperienza e molto di fortuna.

Il Taser nelle Operazioni di Polizia

Detto questo, poiché si parla di azioni di polizia e non di operazioni militari, lo strumento utilizzato per contenere un’azione aggressiva deve rispondere a diversi requisiti: prima di tutto deve contenere i danni a chi ne viene attinto. Lo scopo della polizia è fermare un aggressore, non ucciderlo, e limitare al minimo i danni inferti. Poi deve essere pratico e facile da usare. Le forze di polizia hanno diverse ed eccellenti competenze, ma la loro preparazione al combattimento non è quella di un militare professionale. Deve poi essere robusto, di scarsa manutenzione, economico ed efficiente in termini di potere di arresto.

Non so quanti di voi sappiano come funziona un taser. Ora non voglio allungare troppo questa che sta già diventando una noiosa dissertazione, ma, molto semplicisticamente, si tratta di un dispositivo che, quando viene azionato, lancia dei piccoli ganci collegati con dei fili all’apparecchio. I ganci arpionano il corpo dell’aggressore e rilasciano una forte scarica elettrica che procura una sorta di elettroshock nel soggetto attinto. Questo dovrebbe incapacitarlo per il tempo necessario ad immobilizzarlo.

La sua introduzione tra le forze di polizia italiane ha suscitato molte discussioni, ma aldilà del dibattito, informato o meno, è qualcosa che serve? Funziona?

Qui entriamo nel campo dell’opinione personale in quanto la letteratura specifica è contraddittoria. Per quello che ho scritto prima, stabilire scientificamente il “potere di arresto” di uno strumento è, a mio parere, impossibile. Per questo, quello che leggerete è pienamente opinabile. Se altri operatori hanno opinioni diverse dalla mia e hanno voglia di argomentarle, sarei felice di leggerle.

Secondo la mia opinione, il taser è uno strumento abbastanza inaffidabile in generale. La sua efficacia sul soggetto attinto dipende troppo fortemente dal soggetto stesso: su alcuni è praticamente inutile per una serie di considerazioni biochimiche che è lungo spiegare, su altri può essere mortale. Non ne ho mai usato uno, ma da quello che ho visto mi sembra un’arma che ha la tendenza ad essere forte con i deboli e debole con i forti. Il pericolo grave per l’operatore è che si trovi a fare troppo affidamento su qualcosa che si rivela inefficace o che, peggio, si vada oltre le intenzioni comminando un danno superiore a quello che il contesto operativo richiederebbe.
Il suo utilizzo è macchinoso. Bisogna inquadrare il soggetto che deve fare la cortesia di non muoversi troppo, lanciare gli elettrodi sperando che si arpionino e un eventuale raddoppio del colpo, se il primo non è andato a segno, richiede attrezzatura specifica e tempi spesso incompatibili col contesto. Questo sempre che il soggetto non indossi giubbotto e abiti pesanti che limitano drasticamente l’efficacia dello strumento e rischiano di causare un eccesso di fiducia nell’operatore che lo utilizza.
Infine, si tratta di una macchina tecnologicamente complessa, costosa e richiede manutenzioni eccessive in relazione ai vantaggi che offre.

Posso comprendere la sua funzione di “male minore” in contesti esasperati come quello statunitense dove l’uso e l’abuso di armi da fuoco da parte delle forze di polizia ha richiesto un’azione politica di contenimento nei confronti dell’opinione pubblica, ma in Italia dove, almeno per ora, il conflitto a fuoco con la piccola criminalità è ancora un evento abbastanza raro, lo trovo uno strumento con puri fini di propaganda politica.

Conclusioni

Secondo me, andrebbe potenziato l’addestramento al corpo a corpo (veramente scarso nelle nostre forze dell’ordine) e incrementato un uso razionale e professionale del manganello o del tonfa che, utilizzati con perizia, possono inertare il soggetto aggressore con più efficacia e meno rischi di un taser. A questo aggiungerei la possibilità di dotare le forse di polizia di fucili calibro 12 caricati a bean bag, una cartuccia detta “less than lethal” fatta in modo da infliggere un colpo non mortale, incapace di penetrare la pelle, che ha lo scopo di provocare un forte dolore e uno spasmo muscolare immobilizzante. Questo tipo di soluzione richiede meno manutenzione e consente anche di riciclare le armi utilizzando cartucce convenzionali e, nello specifico, la palle slug che hanno interessanti utilizzi operativi.

Tutte queste considerazioni valgono per scontri a breve distanza dove il soggetto da immobilizzare non dispone di armi da fuoco ed è isolato. In contesti diversi, con molti soggetti attivi e armati, a media lunga distanza, il corpo a corpo, il manganello o il taser sono tutti parimenti inadeguati e un contenimento operativo può essere garantito solo con un uso consapevole e professionale delle armi da fuoco in attitudine difensiva. Ritengo, invece, eccessivo e pericoloso in contesti urbani l’adozione di armi in full auto come quelle a disposizione attualmente di polizia e carabinieri e in fase di aggiornamento con nuovo modello.

Immagine originale elaborata via AI Dall-e

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