Il 9 novembre 1989 non rappresenta solo una data cruciale nella storia contemporanea, ma un punto di svolta simbolico: il Muro di Berlino non era solo una barriera che divideva una città, ma il simbolo di un divario ideologico che separava due realtà, due visioni del mondo, due aspirazioni. Per quasi tre decenni, il Muro fu l’emblema più visibile della Guerra Fredda, il confine tangibile tra le promesse di libertà dell’Occidente e le catene oppressive dell’Est. La sua caduta fu più di un evento fisico: fu un momento di gioia incontenibile, un grido di libertà che riecheggiò in ogni angolo del globo. Fu il giorno in cui la prospettiva di un mondo unito e libero sembrò finalmente a portata di mano.
Eppure, a più di trent’anni di distanza, la realtà che ci circonda racconta una storia diversa: il mondo di oggi è tutt’altro che privo di barriere, e ben lontano dall’essere libero da divisioni. Sono stati costruiti nuovi muri, nuovi confini generati dall’odio, dalla paura dell’altro, dal desiderio di isolamento.
E allora, a poco più di una settimana dalle celebrazioni per l’anniversario della caduta del Muro – quello con la emme maiuscola – mi sembra doveroso ricordare i muri che oggi sono ancora in piedi.
– Muro tra Stati Uniti e Messico: è una barriera fatta di lamiera metallica sagomata – alta dai due ai quattro metri – che si snoda per centinaia di chilometri lungo la frontiera tra Tijuana e San Diego. La sua costruzione iniziò nel 1994 allo scopo di impedire l’ingresso dei migranti in terra statunitense e per combattere il narcotraffico dei cartelli messicani.
– Barriera di separazione israeliana: conosciuta in tutto il mondo come “Il Muro dell’Apartheid”, questa barriera fu eretta nel 2002 da Israele lungo il confine con la Cisgiordania, con l’intento dichiarato di proteggere la sua popolazione da attacchi terroristici.
– Muro del Sahara Occidentale: noto anche con il termine Berm, questo muro di difesa si estende per migliaia di chilometri attraverso il deserto, e divide il territorio del Sahara Occidentale conteso tra il Marocco e il Fronte Polisario. È il muro più lungo del mondo, dopo la Grande Muraglia Cinese.
– Barriere di separazione di Ceuta e Melilla: costruite in rete elettrificata e costantemente sorvegliate, circondano totalmente le due enclave spagnole in Marocco. Furono costruite dalla Spagna alla fine degli anni ’90 per contrastare le massicce ondate migratorie provenienti dall’Africa.
– Linea di controllo del Kashmir: è una linea di demarcazione militare stabilita nel 1972, e divide il Kashmir conteso tra India e Pakistan. Conosciuta anche come il “Muro Invisibile”, si estende per 3300 chilometri ed è attualmente una delle zone più militarizzate al mondo.
– Pace Lines: simboli di un passato divisivo ancora profondamente radicato nel tessuto urbano, questi muri di separazione, alti fino a 8 metri, furono costruiti circa 50 anni fa a Belfast e in altre città dell’Irlanda del Nord per separare i quartieri cattolici da quelli protestanti.
– Barriera di separazione tra Ungheria e Serbia: chiamato anche “Il Muro Anti-Immigrazione”, è stato costruito dall’Ungheria durante la crisi dei rifugiati del 2015 per bloccare il flusso migratorio dai Balcani verso l’Europa.
– Green Line di Cipro: simbolo di un conflitto irrisolto che dura da decenni, la “Linea Verde” divide l’isola di Cipro in una parte greca e una turca. Fu costruita nel 1974, quando l’esercito turco invase Cipro in risposta a un tentativo di colpo di Stato dei greci.
L’elenco non è esaustivo. Non potrebbe mai esserlo. Oltre a quelli menzionati e ad altri tristemente noti – come la zona demilitarizzata tra le due Coree o la barriera tra India e Bangladesh – esistono innumerevoli altri muri che godono di minor fama ma che ugualmente, per motivi diversi, continuano a dividere l’umanità. Sono barriere fatte di disparità economiche, differenze sociali, pregiudizi culturali: da Manila a Rio de Janeiro, da Mumbai alle mille altre metropoli dei paesi meno sviluppati, questi muri sono eretti per celare la povertà, per separare bande rivali, per isolare le periferie degradate dalle luci abbaglianti dei centri cittadini.
Mentre celebriamo, anno dopo anno, la caduta di un muro che simboleggiava divisione e oppressione, ignoriamo troppo spesso quelli che continuiamo a costruire ogni giorno. Ogni nuovo muro eretto è una tacita ammissione del nostro fallimento come società globale. È il segno che, nonostante i progressi tecnologici e la crescente interconnessione, le divisioni umane rimangono profonde, persistenti e dolorosamente reali.
L’immagine che accompagna il testo è “Tagli. Concetto spaziale” di Lucio Fontana.
Nota sulla proprietà intellettuale
Ogni diritto sui contenuti (a titolo esemplificativo, documenti, segni distintivi, immagini, files, architettura del sito) è riservato ai sensi della normativa vigente. La riproduzione anche parziale, in qualsiasi forma, ad esempio, ma non esclusivamente, del testo, sia in forma testuale che come immagine e delle immagini, se non esplicitamente autorizzata, sarà perseguita a termini di legge nei confronti di soggetti singoli e/o realtà aziendali.Devi specificare un indirizzo di email valido per aggiungere un commento
6 commenti su “Piccolo Atlante delle Cicatrici del Mondo”
Sono misure spiacevoli ma necessarie per preservare un minimo di quello che chiamiamo civiltà.
Il sogno di una “civiltà globale” è, appunto, un sogno.
Se non ci fossero confini né barriere a difesa, vivremmo in un clima di guerriglia urbana perenne e sarebbe IMPOSSIBILE garantire un minimo di pace.
Guarda cosa è successo in Svezia, ad aprire i confini. Ne è venuto fuori un “mondo di mezzo” fatto di malavita.
Non capisco questo positivismo assoluto nel mescolare tutto e subito. Si può, certo, ed è sempre avvenuto, ma con calma, tempi molto diluiti e opportune selezioni.
Oggi aprire i confini così, alla figli dei fiori, vuol dire portarsi a casa come minimo l’ISIS – ed è praticamente già così, infatti i governanti europei camminano sulle uova, facendo fitna di niente, in attesa del prossimo attacco terroristico che AVVERRA’ sicuramente.
La vittoria delle destre in UE è la prova provata del fallimento totale di qualsiasi tentativo di “integrazione”.
L’integrazione poi è solo una paroletta che significa “import paralegale di manodopera a basso costo”.
Non ci crederai, ma li ho sentiti parlottare, i “piccoli imprentidori” italiani, nel mio lavoro, e la speranza che hanno è che ci siano più immigrati possibile da sfruttare e pagare 2 soldi, perché gli italiani non accettano più stipendi da fame per 8 ore davanti a una pressa, manco fossimo in un libro di Charles Dickens.
La storia che “ci pagheranno le pensioni” è una mezza verità. La verità è che pagano le ville con piscina a “Imprenditori” di tutti i settori di bassa manovalanza, di cui l’Italia è PIENA: muratori, operai non specializzati di tutti i tipi, gente che coglie i pomodori a mano.
Questa è l’Italia attuale, e si fa di tutto perché rimanga così.
Grazie del contributo.
Sarebbe bello guardare ai tanti ponti, oltre che ai muri. Magari dobbiamo rassegnarci a questi muri…C’erano, ci sono, ci saranno. Triste da ammettere ma forse rappresentano il risultato della competizione umana, a qualsiasi livello.
A questi muri fisici vorrei collegare quelli quasi invisibili delle prigioni mentali creati da meccanismi tossici e distorti dei social media. Credo si tratti sempre di competizione, ipocrisia e viltà umana.
E purtroppo, l’ultimo triste episodio è di oggi, con una persona di Agrigento, vittima di attacchi sui social media.
Non c’è limite ai muri, né alle brutture umane.
C’è tanto bisogno di luce. Bisogno di fare. Bisogno di nuove consapevolezze.
Quanti muri che non conoscevo! Che grande paradosso la nostra civiltà! Grazie per quest’altro bell’articolo.
Sai, Giuly, che non li ho nemmeno citati tutti i muri? Lo faccio rispondendoti. C’è il muro tra Arabia Saudita e Yemen, tra Iraq e Kuwait, lungo il confine tra Iran e Pakistan, tra Zimbabwe e Botswana, e poi i 2400 km di recinzione, tutt’ora in fase di completamento, che corrono lungo il confine tra Pakistan e Afghanistan, la cosiddetta Durand Line.
E non sono nemmeno sicuro di averli elencati tutti. Che amarezza.
Ti ringrazio per il commento, un saluto.
Tutto ciò che ci fa paura, che avvertiamo come minaccia, anche per preservare i nostri stili di vita, spesso usando paraocchi che non ci permettono di avere una visione oggettiva, bene tutto questo lo isoliamo dietro un muro.
Il muro più spietato che ergiamo è quello dell’ ipocrisia della politica con le sue agende nazionali, quello che ogni comune mortale erge secondo l’egoistico principio del mors tua vita mea. Oggi celebriamo la caduta di un muro, domani ne costruiamo altri, e nessuno presta attenzione. Ciò che elenchi mette ancora più in risalto la falsità, l’ipocrisia, inutilità di strutture sovranazionali come l’ONU, e corrispondenti organizzazioni pan europee, asiatiche etc.
Ognuno per se, Dio per tutti, in alcuni casi un Dio parziale contro tutti gli infedeli. Tutti a coltivare il proprio orticello.
*chiedo scusa per il refuso: ovviamente è “Peace Lines” e non “Pace Lines”.