È ormai evidente a tutti che la possibilità di comunicare in maniera efficace, affidabile e sicura è un asset strategico indispensabile nel modern warfare. Scambio di informazioni, rilievi satellitari, allerta precoce e droni gregari, solo per fare un esempio, dipendono da questa sorta di sistema nervoso che collega le varie unità combattenti, umane, elettroniche e meccaniche. Nei giorni scorsi, si è discusso della effettiva operabilità degli F35 in un quadro strategico dove gli USA non siano cooperanti. Io stesso, ne ho scritto sulla mia TL e telegram. Le ipotesi sono che gli F35 operino in maniera limitata e degradino velocemente senza gli USA.
Lo stesso discorso, se non più grave, si applica all’infrastruttura di comunicazione che può paralizzare l’intera operatività militare. Per questo, investire su starlink è sbagliato. Può essere accettabile un utilizzo ponte nell’ottica di coprire carenze attuali, ma il denaro vero va messo in una struttura condivisa con partner più affidabili che hanno interessi e preoccupazioni simili, sfruttando la possibilità tecnica di veicolare comunicazioni nazionali su canali con crittografia privata e definendo con gli alleati codifiche condivise per comunicazioni interforze nell’eventualità di operazioni militari congiunte terra, mare, cielo. Codifica da tenere separata da quella NATO, viste le attuali contingenze. Un progetto che in EU abbiamo competenze e tecnologia per attuare in tempi compatibili con le future necessità belliche visto anche che non si tratta di “illuminare” l’intero pianeta, ma solo l’area dove potrebbe risultare necessario operare ed eventuali direttrici di proiezione in territorio nemico.
È un progetto che può essere iniziato anche al di fuori della cornice EU da un gruppo di nazioni “volenterose” al quale, successivamente, potrebbero unirsi altri componenti disponibili a regolare le quote di spese passate e future dei costi collegati al progetto.
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