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Nota del 28 maggio 2025

Di seguito una serie di spunti per valutare meglio il rapporto di forze tra Russia ed Europa.

Parto dall’aspetto motivazionale, che ha una grande importanza. La russia ha un’industria civile, un peso finanziario e un’offerta di servizi praticamente inesistente e quasi totalmente rivolta al mercato interno. La sua pretesa di essere considerata un partner di rilievo a livello mondiale è sostenuta solo dalla disponibilità di risorse naturali, per loro natura non rinnovabili, e dalla capacità militare. Un qualsiasi cambio di assetto richiederebbe decenni in un quadro planetario in evoluzione rapidissima e con un ritardo tecnologico praticamente irrecuperabile. La guerra e la conquista sono, per la Russia, una necessità vitale. È probabilmente questa la motivazione, più che la campagna in Ucraina, che ha indotto i russi ad adottare una vera e propria economia di guerra con tempi e prospettive di riconversione difficilmente valutabili. Con l’aggiramento strutturale delle sanzioni occidentali, la produzione bellica ha ormai raggiunto livelli che quella europea, senza contare la più che certa opposizione interna, sia a livello politico che di opinione pubblica, impiegherebbe anni a eguagliare. Sebbene sia possibile dire che la qualità degli armamenti occidentali è mediamente superiore a quella russa, l’aggressione all’Ucraina ci ha insegnato che i numeri contano ancora. Va anche considerato che l’efficacia bellica europea è fortemente condizionata dalle procedure e sinergie definite in ambito NATO. Armamenti, tattiche e distribuzione delle risorse sono pensati per un’azione di difesa cooperativa con l’indispensabile supporto degli stati uniti. Supporto che, in questa fase storica, assume contorni di incertezza che solo l’autore di un romanzo distopico sarebbe riuscito a immaginare. È un fatto che la NATO, senza una partecipazione attiva e convincente degli Stati Uniti, è un’alleanza fragile e pronta a dissolversi a seguito dell’azione centrifuga imposta dai vili egoismi nazionali.

Dal punto di vista umano, esiste un altro importante fattore da considerare. I russi sostengono putin senza se e senza ma. In tre anni di guerra in Ucraina, con centinaia di migliaia di caduti russi, si sono viste più rivolte a Gaza contro hamas, vere azioni di disperazione suicida, che proteste di russi contro putin e la sua politica aggressiva. Questo ha varie motivazioni e alcune sono più evidenti a chi conosce bene lo spirito russo. Ovviamente, la più importante è che la guerra non si è manifestata nella sua piena violenza in russia. Certo, i droni ucraini, i caduti, i prezzi, l’economia, ma l’impatto emotivo di questi indubitabili disagi è attenuato da un’attenzione maniacale alla manipolazione dell’informazione, dal sostanziale isolamento culturale dei russi e, fattore più importante, dall’orgoglio nazionale (o patriottismo) che, in russia, è sconfinato e incomprensibile per noi scettici occidentali. I decenni di regime comunista in russia hanno creato una cultura nazionale e nazionalistica, spesso incentrata su nozioni storiche completamente inventate, che ha permeato profondamente l’opinione pubblica. L’avvicinamento all’Occidente, successivo alla caduta del muro, ha avuto un impatto considerevole sulle abitudini legate al consumo, ma praticamente nullo dal punto di vista culturale. Viceversa, in Europa, il disincanto è totale. A parte alcune lodevoli eccezioni, concentrate nel nord del continente e in alcune realtà a est che, per motivi storici, hanno un’antica diffidenza nei confronti di mosca, il resto dell’Europa avrebbe grandissime difficoltà nel mettere in atto un reclutamento di emergenza per gestire un’eventuale minaccia. Tra generale indebolimento motivazionale, pacifismi convinti o di comodo, opposizioni politiche, idee confuse, paure e profonda infiltrazione russa a livello di disinformazione a ogni livello della società, è oggettivo dire che una coscrizione obbligatoria comporterebbe difficoltà ingestibili a livello di ordine pubblico.

Una valutazione seria di questi elementi e un’introduzione di correttivi è indispensabile. La guerra va prevenuta con il dialogo, ma anche con la deterrenza. E la deterrenza deve essere credibile ed efficace, altrimenti serve solo per calmarsi. Come la camomilla.

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