Twitter è stato un luogo straordinario. La limitazione dei post a 140 caratteri era un’idea semplice, ma geniale perché selezionava i contenuti all’origine. Per esprimere un concetto che colpisca in uno spazio semantico così ristretto, serve capacità di sintesi, analisi, senso dell’umorismo, vivacità intellettuale. Abilità non necessariamente collegate alla formazione culturale, alle lauree, al mestiere, ma più alla personalità e agli oscuri talenti che, di tanto in tanto, scopriamo dentro di noi. Per anni, su Twitter sono emerse personalità configurate su questi schemi che hanno raggiunto migliaia e migliaia di follower perché producevano contenuti di qualità, per certi versi e, spesso nella sostanza, simili a quegli slogan efficaci e indimenticabili che la pubblicità in alcune illuminate occasioni propone.
Forse proprio per questo, è diventato un social autorevole, da dove i media tradizionali hanno attinto per notizie e ispirazioni. Una palestra politica per cittadini e persone pubbliche. Un luogo dove si poteva anche condividere un percorso personale di sofferenza, certi di poter trovare una platea comprensiva, in grado di fornire un supporto morale e umano di alto livello.
Con il passaggio ai 280 caratteri, l’uso e l’abuso dei thread (e di questo faccio anche io ammenda) e infine con la possibilità di condividere post lunghissimi, la platea è cambiata. E questo anche grazie alla sostanziale debolezza dell’infrastruttura, che ha consentito la diffusione e la propagazione di una colossale disinformazione attraverso meccanismi automatici per fini militari e politici. Progressivamente, la selezione naturale dei contenuti e degli autori è venuta meno e Twitter è diventato una riproduzione in sedicesimo di una società in grande crisi di valori e di argomenti dove l’anonimato, che rimane sacro sulla rete quando usato con correttezza e nobiltà d’animo, si è trasformato nel cappuccio che indossano i banditi prima di assaltare una banca. Così come accade nella vita quotidiana, hanno iniziato ad avere rilievo il bullismo, la presunzione, l’ignoranza supponente, il gusto meschino di diffamare le persone più in vista, l’invidia per la visibilità, il pestaggio di gruppo, la violenza privata, fino ad arrivare alla cosa più orribile: la creazione di una sorta di giustizia sommaria, cosa che ha portato persone molto in vista e rispettate a mettere in evidenza identità personali, fotografie, numeri di telefono, curriculum generosi. A volte anche con errori clamorosi, che hanno portato all’esposizione di persone ignare a migliaia e migliaia di visualizzazioni con un danno reale e accertabile verso una persona fisica, non un account. Post poi cancellati, senza una parola di scuse o una spiegazione. In pratica, come una sorta di remota provincia dell’ovest americano del diciannovesimo secolo, su Twitter sono comparsi banditi, pistoleri, sceriffi, indiani e diligenze da assaltare, impiccagioni per acclamazione e le taglie per scovare i presunti banditi. Il percorso, per certi versi, è simile a quello della TV generalista italiana, che nei primi anni ha diffuso cultura, informazione e ispirazione, per poi arrivare ai prodotti mediatici che tutti noi conosciamo oggi che danno valore economico solo a chi li vende, ma impoveriscono chi ne fruisce. Mio padre conosceva e amava “I Promessi Sposi”. Aveva visto lo sceneggiato in televisione, aveva comprato il libro e lo aveva letto. Mio padre aveva la terza elementare. Scommetto che ci sono super laureati, oggi, che dei Promessi Sposi hanno letto qualche brano al liceo e stop.
Il fenomeno sociologico è complesso e io non ho le competenze per trattarlo, ma, ne generale disastro, ha avuto un minimo effetto positivo, a mio parere. La rinascita di comunità più omogenee, non necessariamente nelle opinioni, ma nel modo di confrontarle. Dei mondi più piccoli, simili a realtà di rete nate nei primi anni 2000, dove è possibile leggere, scrivere e discutere ricavandone un valore e non solamente rabbia, indignazione, stimolazione sessuale e notizie false spacciate come brani del Vangelo. Ed è da queste che bisogna ricominciare, così come è accaduto ogni volta che hanno prevalso i tempi bui. Delle isole dove il valore del confronto, anche serrato e deciso, è preservato e ciascuno di noi è insieme lettore e scrittore, perché tutti abbiamo degli oscuri talenti che aspettano di essere solo scoperti.
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28 commenti su “Declino e Caduta dell’Impero di Twitter”
Credo che lei abbia scritto cose molto vere, in parte estensibili ad altri social. Me ne vengo da una spiacevole esperienza su FB dove, con nome e cognome, mi ero permessa di pubblicare una pacata riflessione sulla “fatica” di odiare. In sintesi, sostenevo che, se è vero che l’odio comporta un dispendio energetico, qualche volta (almeno per me) è stato molto faticoso anche “non” odiare.
Nei commenti è nata una specie di rissa, talmente spiacevole da costringermi a cancellare il post.
La sensazione è stata quella di percepire la presenza di tante persone con le mani sulla tastiera, pronte in agguato per trovare un pretesto utile per scaricare rabbia, frustrazione e anche quell’odio generalizzato che – a chiacchiere – dicono di non volere nella loro vita.
Insomma: sento un clima sociale molto, molto pesante.
Fulvio dice di non seguire più Twitter per ovvii motivi; ma un’alternativa non c’è ancora, Bluesky è praticamente vuoto. E Y, ottimo, è meno universale, complementare. Per esempio io sono un ex-programmatore a riposo e i peeps li trovo, almeno per ora, su Twitter. Ma qui su Y ci sono e commento (a volte a sproposito).
Una cosa sui 140 caratteri: a volte sono pochi. I thread non sono la soluzione migliore, è come quando vieni continuamente interrotto (e io perdo il filo). Ma con Y risolto (metto la faccina?).
Ah, secondo me a volte, non sempre, raramente ma capita che non la pensi come Eco, senza comparazione direbbero i vecchi torinesi.
X sta diventando, anzi è diventato, come facebook da cui mi sono allontanato e dove ogni parola era una polemica, un attacco, una derisione. Nessun confronto, ma anche nessun rispetto. Esprimi un’opinione, che può essere sbagliata ma è la tua, e vieni classificato come comunista o come fascista, senza però esserlo per davvero, ma solo perché a qualcun altro la tua idea non piace e allora ecco l’etichetta al posto del confronto, del dialogo. Se c’è una cosa che i social ci hanno tolto è proprio il dialogo. Ho una carissima amica con cui a volte ho opinioni differenti e quant’è bello confrontarci, infervorarci, appassionarci e poi finire tutto davanti ad una pizza e un boccale di birra. Ecco, i social ci hanno tolto la pizza e la birra, resta solo la polemica e a volte l’insulto.
Articolo interessante che elenca bene i difetti di Twitter-X.
Alcune descrizioni sono credibilmente efficaci, come: “il gusto meschino di diffamare le persone più in vista”
Però, non c’è una nota che vorrei fare: per quel che ho visto non c’è una linearità dal meglio al peggio, ma ondate di peggio che poi si esauriscono finché non comincia una nuova ondata diversa dalla prima.
Comandante, condivido in pieno la sua esposizione del problema. Ho cominciato a non seguire più X da quando mi sono accorto di avere più account bloccati che seguiti.
Sarà un piacere seguirla qui.
Commander,
Condivido il tuo parere in ogni punto. La nostra società, e intendo quella italiana, ha perso molti dei valori fondanti del civile ed educato confronto. In molti campi. Questo si manifesta non solo nell’utilizzo dei social ma nei comportamenti quotidiani dai più comuni alle scelte che coinvolgono il singolo come persona e come cittadino.
Nel complimentarmi per l’idea e la realizzazione di Y (lavoro non da poco) mi spiace che lei abbia rinunciato totalmente alla pubblicazione dei suoi post su X, non per la piattaforma in sé, quanto per la possibilità di raggiungere una quantità molto grande di utenti.
Tra questi, in mezzo a tantissimi rumorosi e dannosi, ce ne sono almeno altrettanti che leggono in silenzio (o quasi) che perderanno il suo pensiero e quello di tutti gli iscritti su Y.
Non voglio confrontare il merito o la qualità dei contenuti, dico solo che Y ( per adesso) é una nicchia e X arriva in tutto il mondo.
Un saluto
Io sarei contenta di trovare uno spazio sufficientemente sviluppato e non così avvelenato che sostituisca Twitter. Con X non sento alcun legame. Sono contenta che ci siete.
Approvo tutto ciò che ha scritto e mi piace ritrovare un confronto aperto e civile. Mi manca però la velocità della discussione di tweeter.. che era la velocità del chiacchiericcio in piazza, con gli amici.
I social sono nati per altri fini commerciali, Per tutte le persone ma mirati a un utenza commerciale che arringenva appunto alle informazioni attinte attraverso quel che scriviamo o i nostri ideali o anche paure.
Tutto è cambiato, secondo me, quando il senso del business si è spostato ANCHE sulle persone non accontentandosi più di carpire i desideri dell’utente medio ma per indirizzarlo verso un “prodotto” che ci viene spacciato come indispensabile e veritiero. L’acquisto di Twitter da parte di Musk null’altro è stato se non una gigantesca operazione commerciale che giocoforza deve avere un ritorno economico in termini (basta l’averlo messo a pagamento in quei remoti stati dei pacifico)
Dici bene, quando fai notate che l’abbandono dei 140 caratteri, che faceva selezione naturale, ha aperto un nuovo modo di esporsi anche da parte di quelli che nei 140 caratteri si erano ritagliati una propria dimensione di aplomb e serietà.
Caro Comandante, sa già cosa penso dei social. Pertanto, non posso che essere d’accordo con questa sua breve riflessione e con la scelta di abbandonare Twitter.
C’è un passaggio di questo suo scritto però che mi suscita degli interrogativi: i social sono veramente un semplice specchio della nostra natura? O piuttosto agiscono attivamente sulla nostra psiche amplificando certe dinamiche, modellando e influenzando i nostri comportamenti? Siamo noi a riversare sui social le nostre pulsioni o sono i social che – attraverso meccanismi subdoli e astuti – ridefiniscono il nostro essere?
Passata la tempesta (queste ultime due settimane sono state per me molto difficili) sistemerò gli appunti e scriverò un pezzo sull’argomento, partendo proprio da queste domande.
Penso che siano entrambe le cose.
Sì, senz’altro. Umberto Eco diceva che i social avrebbero dato parola a legioni di imbecilli. E aveva ragione. Ciò che Eco non poteva prevedere è che i social – avrebbero anche creato, addestrato e moltiplicato legioni di imbecilli. E li avrebbero creati intenzionalmente, non solo per logiche di profitto.
I social, per il loro stesso funzionamento, esasperano i bias cognitivi. Creno circuiti in cui chi ha un’opinione a te più affine arriva più spesso alla tua attenzione, un meccanismo che alla lunga ti convince che la tua opinione sia in realtà quella della maggioranza e, per tanto, quella giusta. I social, quando non si è dotati dei giusti strumenti per utilizzarli e spesso anche quando li si hanno, sono a conti fatti manipolatori.
Grazie per il commento. Sì, condivido quello che hai scritto, e secondo me stiamo colpevolmente sottovalutando il problema.
Credo tutte e due le cose, e creano un circolo vizioso. L’importante è capirlo, averne consapevolezza.
Il pregio è che danno possibilità di conoscere e connettersi. Ma danno anche sfogo al nostro ego, alla voglia di visibilità, validazione, rilevanza, possibilità di far sentire la nostra voce, e questo spesso crea dipendenza e/o una sorta di cecità o chiusura al confronto . “io posto-io proclamo-io valgo”.
Spesso si creano delle “relazioni parasociali”, cioè virtuali che hanno poco di sociale e non riconoscono l’altro come persona in se stessa. Mi fermo qui, o mi dilungherei troppo.
Dico solo che l’importante è essere consapevoli di alcuni meccanismi, talvolta distorti.
Buongiorno Silvia. Sono totalmente d’accordo con te.
Ci penserò io a dilungarmi sull’argomento, tranquilla 😉 Sto sistemando un po’ di appunti e spero di pubblicare un post qui su spazioY molto presto.
Completamente condivisibile Comandante. A peggiorare la situazione è poi la velocità tipica del digitale. La tv ci ha messo 60 anni a diventare la schifezza che è, Twitter e i social in genere, molto molto meno e il bullismo digitale diventa bullismo di gruppo. L’informazione non è da meno e francamente ringrazio il Cielo che i miei figli siano già ampiamente adulti e senzienti
Buona serata
Comandante, come sempre chiaro e appassionato. Soltanto chi racconta di qualcuno o qualcosa a cui ha tenuto e che ha lasciato lo fa con una vena di malinconia e di rammarico per le cose non dette o non fatte.
Ho iniziato su Twitter lo scorso anno ed ho incontrato persone speciali, come lei Comandante, che hanno arricchito la mia anima e la mia conoscenza. Ho incontrato anche persone pessime che hanno urtato la mia sensibilità. Ma il bilancio è stato ed è positivo anche se con X sta tutto cambiando.
Questo suo spazio, diventerà un balsamo ed un rifugio per coloro che vogliono lasciare la mischia per ritrovare discussioni pacate ed argomenti interessanti.
Grazie
Condivido il tuo pensiero su Twitter mi rifiuto di chiamarlo x, lo trovo utile per quello che riguarda gli eventi sportivi da seguire in diretta o notizie lontane geograficamente che altrimenti non conoscerei, ho scelto gli account da seguire,poi ho incontrato te, una luce un essere umano fragile forte e lucido insomma una persona vera una sorpresa bellissima. Questo ha cambiato il mio modo di interagire con Twitter.ora che sei qui vengo a leggere e spero di capire un po’ di più questo frenetico mondo sempre sull’orlo del precipizio
Sempre premesso che “il Medioevo ha fatto anche cose buone”, è evidente che la comunicazione e il confronto vivono giorni altrettanto bui. Quindi ricorderei che pur in quegli anni di guerre, inquisitori e stermini, l’Europa e l’Italia ospitavano dei luoghi in cui si preservava la cultura per tramandarla: erano i monasteri.
Quando racconto di spazioY lo paragono spesso alla “casa sicura” descritta da Tolkien: non un rifugio vip, ma il posto per riconoscersi tra simili e decidere come evitare che il male prevalesse. Un’isola con un monastero, ma senza illusi: teste pensanti consapevoli che là fuori è un casino, però qui si può parlare tranquilli.
Per evitare derive romantiche (sono un po’ più pratico), dico che quando s’è visto che la fine del mondo nell’anno Mille era una fake news, dopo qualche secolo il Medioevo è finito generando il Rinascimento, poi nuove arti, esplorazioni, scienza e illuminismo. Insomma: non siamo così male, quando parliamo uno per volta.
Continuiamo a nutrire questa piccola speranza allora. Come i monaci amanuensi.
Sì, una riga per volta: una pergamena, una candela e una diottria spese bene.
Sapendo che può non bastare, ma senza rinunciare. Servisse anche solo a rallentare la marea di un minuto, per me è una battaglia da combattere.
E grazie.
Non sono mai stata una fan di Twitter. Ammetto che all’inizio mi aveva preso, stiamo parlando di oltre 10 anni fa. Poi ho notato l’ipertofico ingresso di personaggi spocchiosi e cattivi. Sì cattivi. Perché non c’è bisogno di attaccare per esporre le proprie idee. Attaccare ma soprattutto offendere. Ce n’era uno che faceva accorrere le sue truppe cammellate ridicolizzando il tapino di turno. Con enorme cattiveria, lo ripeto. Non era un posto per me. Ho diradato la mia presenza. L’account mi serve qualche volta per il mio lavoro. Ma non dialogo più con nessuno. Ho messo Y tra i preferiti. Sono sicura che passerò a trovarti…
Il bello dei social è che puoi navigare al loro interno senza uscirne…saltando da una cazzata sul calcio ad un post profondo del Comandante, o da un commento della giornalista di Radio24 al post di un politico certo non è facile lasciare il segno tra milioni di messaggi più o meno trash, ma immagino che li sia la sfida…uscirne è un pò arrendersi, secondo me…see you in the promised land
Grazie per questa analisi, che condivido. E a, maggior ragione, grazie per avere creato questo spazio.
Oggi ho ricevuto una lettera dal mio provider internet per “aggiornamento dell’informativa sulla privacy”.
C’è un che di schizofrenico nella nostra società, da una parte le spunte blu, gli utenti famosi, quelli che hanno migliaia di follower che per risponderti pretendono la tua carta di identità, se non la trovano pretendono di trovarla con una ricerca su internet, dall’altra una normativa falsamente protettiva e in realtà altamente complessa, per cui pure per avere un blog ti servirebbe assumere un legale, ma nel frattempo la tua foto e il tuo nome potrebbero comparire sui social per diffamarti, anche collegandoti ad utenze che non sono tue e non ti appartengono.
Un’analisi lucida e impietosa.
Condivido, purtroppo.