Salve, mi chiamo elle zero nove zero sette e sono una macchina. Intendiamoci, non ho un carburatore e non funziono a pile. La mia attività è regolata da processi biochimici, l’approvvigionamento energetico mi viene garantito per tramite di reazioni metaboliche e sono in larga parte composto di sostanze organiche a meno di alcune protesi e di tre piccole schegge di acciaio che porto vicino al dispositivo di alimentazione principale collocato nel vano superiore del mio tronco, giusto davanti alle camere pneumatiche per il rinnovo del comburente.
Visto così, dall’esterno, vengo inevitabilmente scambiato per un uomo. Io non me ne dolgo, perché passare inosservato è una delle mie caratteristiche qualificanti. La differenza tra te che leggi e me che scrivo è molto sottile e si apprezza solo attraverso l’esplicazione dei nostri reciproci stati: tu vivi, io funziono.
Funzionare è una condizione privilegiata rispetto al vivere. La vita ha finalità oscure, il funzionamento ha scopi precisi, la vita è costellata di dubbi, il funzionamento comporta solo scelte operative, la vita induce gioia e sofferenza, il funzionamento è la composizione di un armonioso accordo con l’evolversi degli eventi, la vita porta al pentimento, il funzionamento non ha memoria di ciò che è accaduto se non è prodromo ad una scelta successiva.
Ho portato i miei occhi di macchina in cento viaggi intorno al mondo e ho scattato mille fotografie che tengo custodite nel recesso più inaccessibile delle mie memorie. Quelle cose che voi chiamate mani, e di cui anche io sono dotato, hanno tratto in salvo, ucciso, rubato, scritto o semplicemente sono rimaste in tasca, indifferenti alle richieste di aiuto che non era necessario fornire. Su quella che voi chiamate pelle si sono lentamente disegnati sottili percorsi nei quali scorre il tempo che ho trascorso sotto Sole.
Voi temete la morte, io non ho paura di smettere di funzionare. Per ma la morte giunge ogni notte. Alla fine del mio giorno, regolato dalla lista dei miei compiti, mi spengo. Se il mattino giungesse senza che mi accendessi non cambierebbe nulla, perché io sono una macchina ed esisto solo in nome della mia funzione.
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11 commenti su “Confessioni di un Violento”
Un altro splendido frammento, che genera riflessioni come una galleria di specchi.
Noi semplici esseri organici quelli che definite “sottili percorsi nei quali scorre il tempo” li chiamiamo cicatrici. Io ci sono molto affezionato. Alcune dissotterrano momenti felici, di grandi avventure finite con un gomito ingessato o un buco su uno stinco.
Altre sono il tatuaggio indelebile del male che ho fatto a qualcuno, e segnano cose per cui mi sento ancora in colpa. Ma vederle risaltare bianche sulla pelle d’estate mi ha insegnato che agli errori puoi anche rimediare, però non li puoi cancellare.
Anch’io credo che le cicatrici siano una mappa delle rotte che ho seguito, giuste o sbagliate che fossero. Mi ricordano dove sono stato, ma non mi impongono di tornarci anche domani.
Ognuno di noi, è un essere che funziona o vive?
Il personaggio descritto mostra caratteristiche che sembrano avvicinarsi terribilmente a quelle che percepiamo di molti della specie umana..
Ma l’assoluta indifferenza che dichiara questo essere, è solo sua?
Questo brano mi ha riportato indietro nel tempo e destato le stesse emozioni della prima volta. Tutti i tuoi post hanno la capacità di rimanere sempre attuali.
Ho sempre ritenuto che tu sia unico, geniale, struggente.
Molto bello Comandante. Una declinazione moderna dell’atarassia di cui parlavano i filosofi greci
determinata dall’istinto di sopravvivenza.
Comandante, questo scritto mi stimola una lettura parallela, probabilmente suggerita dagli echi di attualità che rimbalzano dal Medio Oriente. Il suo androide è mosso da una meccanicità fredda e impersonale, privo delle complessità e delle contraddizioni dell’esperienza umana. Anche le persone, laddove non c’è vita che possa esser definita tale, o dove la vita stessa si è mangiata ogni capacità di gioire e soffrire, vengono spesso programmate – o si autoprogrammano – per scopi che trascendono la propria individualità, divenendo meri strumenti ed esecutori di ideologie. O nemmeno più di quelle.
“Voi temete la morte, io non ho paura di smettere di funzionare. Per ma la morte giunge ogni notte.”
Caro Aldo, grazie per aver cercato di approfondire con il suo commento questo vecchio post.
In effetti, sono proprio le contingenze ad avermi ricordato quella necessità di farsi estranei a ciò che si faceva che, per un certo tempo e in certi particolari momenti successivi, è stata la regola della mia vita.
Mi creda, per motivazioni ed esperienze totalmente distanti dalle sue, comprendo molto bene quel che vuol dire.
Si salva tutto nell’hard disk, consapevoli che i dati sono lì e non potranno mai essere cancellati definitivamente. Ma la necessità di andare avanti ci obbliga a far calare il sipario su alcuni momenti della nostra vita.
E da dietro quel sipario, un filo di trucco, l’accenno di un sorriso e poi fuori, sul palcoscenico della vita. A vivere.
È difficile, ma è l’unica via.
Comandante Lei ci deve avvisare su Twitter quando pubblica sul Y… noi non vogliamo perderci nulla soprattutto “cose come questa”.
Un po’ di pazienza. 🖤
A volte mi piace l’idea che certe cose abbiano circolazione limitata.
In questo caso non posso che ritenermi fortunata, Grazie.
Troppo tardi per la diffusione limitata e questo aspetto intimo che mi affascina e mi fa sentire molto vicina alla macchina, tu non lo sei e S lo sa come molti di noi . Un abbraccio a te ed a S