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Seme di Stella

Luce Dallo Spazio Profondo

La meteora è infinitamente piccola. Il suo ingresso nell’atmosfera terrestre viene a stento registrato da tre satelliti che riescono a triangolarne la posizione. Una volta calcolata massa, velocità e traiettoria, i dati finiscono in un file dimenticato dove nessuno li leggerà mai. L’impatto con l’atmosfera rende la pietra incandescente. L’angolo di incidenza molto acuto comporta un percorso più lungo e questo, inevitabilmente, disperde una gran quantità di massa in energia. La meteora, già delle dimensioni di un uovo di struzzo, si trasforma in un chicco incandescente di materia che si pianta, in una fredda notte di ottobre, a sette metri di profondità alle pendici della catena dei Monti Zagros, nei pressi di dove sorgeva l’antica città di Anšan. La scia che la meteora ha disegnato nel cielo è stata così sottile e così breve che nessun innamorato ha potuto farla sua per promettersi un futuro d’amore con la donna a cui stringe la mano. In quella notte altre 4000 stelle cadenti solcano il cielo della Terra producendo scie bellissime, ma di esse non rimarrà alcuna traccia. L’Universo, nella sua severa economia, distribuisce i fenomeni secondo un disegno oscuro.

Il Sangue Nero

“Non è possibile che abbiano deciso di ridurre la produzione in questo modo, non si rendono conto che ci prendono alla gola e che saremo costretti a reagire?”

“Dal loro punto di vista è la mossa giusta. Sanno che ne hanno ancora per pochissimo tempo e che noi non possiamo pompare dai nuovi giacimenti la quantità che ci serve. E’ la legge della domanda e dell’offerta”

“Senti, non venire a parlarmi di mercato libero proprio qui e proprio adesso. Qui non stiamo facendo una riunione del WTO e non stiamo rilasciando dichiarazioni alla stampa. Sai bene che le nostre riserve sono quasi esaurite e che nel giro di settimane saremo in ginocchio. Dobbiamo muoverci e adesso. Abbiamo bisogno di altri cinque anni per rendere efficienti le nuove tecnologie e i nuovi pozzi. Chi colpisce per primo, colpisce due volte. Preferisci tenere la mano sul rubinetto o preferisci essere quello che la stende per chiedere?”

“Lo sai cosa rischiamo se facciamo una cosa del genere?”

“Lo so, ma non vedo alternative”

Il Presidente

Il Presidente è un uomo solo. Ha perso la moglie e i due figli in un terribile incidente. Certe cose accadono anche a un uomo nella sua posizione. Nel suo studio il caminetto è acceso e le decorazioni natalizie hanno il riflesso dell’oro. È lì che siede e legge i rapporti che sono sulla sua scrivania. In piedi, di fronte a lui, gli uomini in divisa attendono silenziosi il suo responso. Il Presidente alza finalmente gli occhi dalle carte. Gli sembra quasi di sentire un sospiro di sollievo.

“Siamo proprio a questo?”

“Sì Signor Presidente, la situazione nel quadrante è peggiorata in poche ore. Non reagire vorrebbe dire che accettiamo lo statu quo e poi sarà impossibile ripristinare il controllo sulla regione. Lei sa cosa significa, vero?”

Il Presidente lo sa benissimo. Non sarebbe arrivato alla posizione in cui si trova se certe cose non le avesse capite prima degli altri.

“Signori, prima di prendere una decisione vorrei che mi lasciaste solo per qualche minuto”

Gli uomini in divisa si guardano come per dirsi “Ma non c’è tempo, bisogna decidersi …” poi, forse, si rendono conto della responsabilità che poggia sulle spalle del Presidente ed escono silenziosamente. Il Presidente vede la porta chiudersi e prende a fissare il ritratto che ha sulla scrivania. Si chiede perché sia toccato a lui una scelta del genere. Una scelta che riguarda il futuro di tutti. Vero, il futuro, ma cosa vuol dire “futuro” per un uomo che ormai ha più di 70 anni e non ha più famiglia?

La Notte dei Campanelli

Il tenente e il capitano sono seduti nel bunker trenta metri sotto il suolo della madre patria. Uno legge, l’altro scrive su un piccolo taccuino. Nell’aria solo il ronzio del condizionatore. Quando scatta il segnale, i gesti sono calmi, automatici. Cintura di sicurezza, cuffia, microfono, illuminazione di emergenza. Le operazioni si svolgono senza stress. E’ già successo mille volte che suonassero i campanelli d’allarme e si arrivasse fino alla fine per fare un’esercitazione. L’abitudine e l’addestramento hanno completamente svuotato quei gesti del loro significato ferale.

“Sequenza di partenza 3,2,1 … avviata”

“Kappa, affermativo. Inserimento codici obiettivi primari e secondari”

“Kappa. Inseriti. Richiesta autorizzazione in codice”

“Kappa. In attesa … In attesa … In attesa … ecco: sequenza Sierra…Yankee…Zulu…Zero…Uno…Kilo”

“SierraYankeeZuluZeroUnoKilo affermativo. Innesco primario attivato”

“Innesco primario attivato”

“Inserisco chiave BLU ROSSO ROSSO GIALLO”

“Chiave BLU ROSSO ROSSO GIALLO inserita”

“Attesa autorizzazione finale … un momento… attendo … autorizzato. Girare chiave”

“Kappa, chiave girata”

Il tenente ha solo un attimo per leggere il numero della chiave che ha appena inserito. Il 666 serigrafato sulla superficie dorata gli ricorda qualcosa che ha letto, ma non c’è tempo per farselo venire in mente. Il bunker inizia a tremare mentre i motori dei vettori si accendono e le cupole si spalancano per fare entrare la luce delle stelle.

Lentamente gli arpioni iniziano il percorso invisibile che li porterà a conficcarsi nella carne del mondo. Gli allarmi, con trilli leggeri, risuonano nella sala di comando. Gli uomini si guardano increduli, alla fine, non era un’esercitazione.

Mentre nel cielo buio si disegnano cento lame di luce, a lungo temuta ma comunque inattesa, al suono dei campanelli, giunge l’Apocalisse.

Il Lungo Inverno

I due uomini indossano tute bianche maschere e respiratori che li mimetizzano completamente nel largo cratere dove fino a dieci anni prima sorgeva Gerusalemme. A circa 50 metri, l’orso bianco procede anche lui quasi invisibile nella neve. Gli uomini lo seguono con i binocoli all’infrarosso.

I due sono sotto vento e si parlano bisbigliando.

“E’ utile Ivan?”

“Secondo me sì, secondo me sì.”

“Io credo di no, non vedi come si trascina? Lasciamolo andare, non è utile. Ci scommetto che non è utile”

“Se fosse per te nessuno sarebbe utile. Non siamo nella situazione di poter fare gli ecologisti. Quello che ci è scappato l’altro ieri era utile secondo me.”

“No, ormai non ce n’è niente di utile da queste parti. Appena entrano nella Zona diventano inu…”

Lo sparo leggero interrompe la discussione. Ivan ha deciso che era utile. Valery guarda l’orso accasciarsi e poi Ivan.

“lo sai che abbiamo solo 8 cartucce ancora. L’hai sprecata.”

Ivan si alza e si avvia verso la carcassa.

“Vediamo”

Mentre i due uomini avanzano faticosamente nella neve alta, il vento inizia a soffiare e la temperatura scende rapidamente. Il cielo di primo mattino è scuro come in un giorno di temporale come da dieci anni a questa parte ormai.

A meno di cinque metri dalla carcassa, il contatore inizia a ticchettare come se fosse impazzito. I due uomini si bloccano e arretrano rapidamente.

“Non era utile” dice Valery, quasi felice di avere ragione. Ivan non gli risponde. la marcia nella neve gli toglie il fiato e sa che ora le cose si mettono peggio che mai. 7 cartucce e meno di 30 chili di carne congelata al rifugio sotterraneo. Di questo passo ne hanno ancora per un paio di settimane ancora, poi saranno loro a diventare inutili.

Il Nuovo Pozzo

Safir è un piccolo villaggio nato pochi anni dopo la fine della Grande Notte. Si affaccia su una larga superficie di acqua salata. I suoi abitanti non sanno cosa ci sia oltre quello che chiamano mare. Il vento soffia perenne. Fa freddo per la maggior parte del tempo. Oltre le montagne alle spalle di Safir, si stende una infinita superficie ghiacciata. Nella stagione calda, ogni tanto i ghiacci si squarciano. Oggi è uno di quei giorni. Una pesante lastra di ghiaccio si è aperta nel centro e ha portato alla luce un’apertura che scende profonda nel sottosuolo come un vero e proprio pozzo. I cacciatori si sono armati di torce ed hanno percorso il lungo cunicolo con molta cautela.

Le pareti sono levigate e, ogni tre passi, nel muro c’è una piccola lastra circolare trasparente che sembra essere di ghiaccio, ma non è fredda e non si scioglie. Sul muro sono dipinti simboli incomprensibili che gli uomini illuminano con le torce e cercano di seguire con le dita: “A.T.NZ…E D..OSIT. 8″.

Alla fine giungono in una larga sala circolare. Per terra ed ovunque negli scaffali ci sono dei strani oggetti. L’aria odora di muffa. Gli uomini cercano di capire di cosa si tratti. Alcuni sono impregnati d’acqua e completamente marci. Appena toccati si trasformano in poltiglia nelle loro mani. Quelli sulle mensole, invece, sono asciutti. Hanno un dorso rigido, ma all’interno tanti sottili veli morbidi che somigliano a stoffa, ma molto fragili. Gli uomini cercano di annusarli, ma il loro odore non è quello del cibo. Appena un cacciatore avvicina la torcia per cercare di capire cosa siano i simboli disegnati sull’oggetto, i veli di cui è composto si anneriscono e prendono fuoco. Il cacciatore lo lascia cadere, ma fa segno agli altri di raccogliere quanti più possibile degli oggetti asciutti che ci sono nella sala.

Questo è un giorno fortunato. I cacciatori hanno trovato un vero e proprio pozzo di materiale combustibile. Il freddo uccide i bambini di Safir ed è quasi impossibile trovare legna per fare il fuoco. Bisognerà difendere questa risorsa a qualsiasi costo.

L’Ultimo

Non ha un nome perché non saprebbe cosa farsene. Da quando sua madre è morta non ha incontrato più nessuno. Lui è restato accanto al corpo per tre giorni, poi la fame e l’odore l’hanno spinto ad allontanarsi. Da allora ha vissuto cibandosi di piante ed insetti, ma ora è malato. Non vede bene, il suo corpo è caldo ed il respiro è affannoso e concitato. Ora si stende per riposare. Di fronte a lui un desolato pianoro bruciato dal sole implacabile. Ha una sete tremenda. Sono due giorni che non beve e intorno non c’è traccia di acqua. Allora chiude gli occhi e si ripara il viso con la mano. E’ nudo, magrissimo, alto meno di un metro e mezzo e la sua pelle è scura e dura come se fosse cuoio.

L’ultimo uomo muore dormendo. Inconsapevolmente, come ha vissuto la sua brevissima e povera vita.

Seme di Stella

Oltre dieci secoli dopo l’impatto, la meteora giunge finalmente in prossimità della superficie. Gli sconvolgimenti del pianeta hanno attivato una vigorosa reazione chimica in quel piccolo agglomerato di materia. Prima il fuoco della furia, poi il lunghissimo freddo ed infine le alte energie liberate dal pianeta hanno messo in moto un processo lento, ma inesorabile.

Le molecole del seme di stella si legano con quelle che lo circondano. La luce del sole fornisce l’energia necessaria e strutture sempre più complesse iniziano a intrecciarsi chimicamente le une alle altre. Alla fine di questo lungo percorso, se gli eventi saranno propizi, ci sarà nuova vita. Certo, ci verrà tempo, ma ormai non c’è più nessuno ad attendere e l’Universo ha una pazienza infinita.

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