La debolezza strutturale di una società è direttamente proporzionale alla sua complessità tecnologica e alla sua apertura verso scambi e comunicazioni.
La tecnologia crea dipendenze silenziose, quasi inavvertibili, ma subentra in maniera totalitaria nella vita quotidiana fino a renderla impossibile nel caso venga a mancare, anche solo temporaneamente. La libera circolazione di merci, persone e informazioni produce benessere a una velocità inimmaginabile, perché consente la propagazione delle efficienze, la compensazione dei bisogni e la proliferazione di un’offerta qualitativamente sempre migliore e sempre più economica.
Nello stesso tempo questo rappresenta un moltiplicatore esponenziale per coloro i quali perseguono fini speculativi, criminali e terroristici.
E’ inevitabile che una società imperniata su tecnologia e libera circolazione debba evolvere nei controlli e nella sorveglianza secondo un gradiente che non ha precedenti nella storia perché non c’è fiducia peggio riposta di quella che si concede agli uomini onesti, alle volontà del popolo e nell’etica dei grandi valori.
I primi progetti di incardinamento della nuova disciplina di monitoraggio e prevenzione iniziano nei primi anni novanta quando alla comunità della sicurezza occidentale apparve chiaro che l’evoluzione nel campo delle telecomunicazioni e della capacità elaborativa diffusa avrebbe richiesto una modifica radicale nelle strategie di contenimento. Le pratiche e le procedure che ho contribuito a stendere sono tecnologicamente obsolete, ma i principi di base sono quelli che sono stati scritti allora e che solo oggi incominciano ad essere operativamente realizzabili.
Nessun chip sotto pelle, come qualcuno si ostina a temere comportandosi come quelli che pensano che i televisori funzionino ancora a valvole. La raccolta di informazioni che richiede l’instrumentazione ambientale è riservata a casi specifici negli ambienti della criminalità organizzata, del terrorismo, dell’attività politica (sempre contigua a quella criminale) e del controspionaggio.
La sorgente principale è spontanea e deriva dalla Open Source Intelligence, termine con il quale si definisce l’elaborazione di informazioni pubbliche rese disponibili spontaneamente.
Post sui social media, applicazioni di messaggistica, foto condivise in rete, email, smart watch, navigatori satellitari, telecamere di sicurezza e i vari assistenti vocali di cui ci stiamo riempendo le case per ascoltare la musica, accendere le luci e aprire le tapparelle, producono una mole di dati impressionante. Uniti alla potenza elaborativa sempre maggiore, questi dati dipingono un quadro degli eventi pressoché in tempo reale nel quale ognuno di noi traccia un profilo indelebile di sé stesso. Spesso più veritiero e obiettivo della consapevolezza che si ritiene di avere di sé.
E questa potrebbe apparire un’opera di oppressione, una forma di controllo. E sicuramente lo è, ma la vita e l’esperienza hanno dimostrato che opulenza e sicurezza sono concetti che è impossibile conciliare senza sacrifici importanti. Anche perché la libertà è un concetto astratto che si sottopone al dominio della violenza e della sopraffazione. Siamo liberi fino a quando qualcuno che ha un fucile più grosso del nostro ci permette di esserlo.
In fin dei conti, ognuno di noi è prigioniero. Rimane la libertà di scegliersi il carceriere. E questo, in una vita che spesso non lascia scelta, è già una forma di inatteso regalo.
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3 commenti su “OSInt, c’è sempre qualcuno che ascolta”
Hai sviscerato un problema complesso che mi preoccupa non poco,da quel che hai scritto capisco che avere il controllo o almeno la scelta di chi trattiene i nostri dati personali è un miraggio. Mi sconforta
Riflessione molto interessante, come sempre d’altronde.
L’aspetto tanto interessante quanto inquietante è la possibilità di utilizzare tale mole di dati per definire un profilo accurato dell’utente: questo apre, e ha già aperto, la porta non solo ad inserzioni commerciali sempre più efficaci, ma a possibilità di manipolazione dell’opinione pubblica che, giustamente, preoccupano non poco.
A tal proposito, trovai la vicenda “Cambridge Analytica” sconcertante.
Analisi sintetica ma notevole. Complimenti per la chiarezza.