Troppo spesso si confida nella buona sorte, nella fede, nella speranza perché, in qualche modo, le cose si aggiustino o vadano a posto da sole. Così, come se l’esistenza avesse una declinazione naturale verso il bene, la pace o la concordia. Questa è un’opinione rispettabile, ma solo un’opinione. Le cose vanno come devono andare, né bene né male, vincolate esclusivamente alla misteriosa ragnatela delle relazioni tra innumerevoli cause e imprevedibili effetti. Senza buoni e cattivi, ma solo con vivi e morti dato che la bontà e la cattiveria sono opinabili. La morte, invece, è fenomeno scientificamente misurabile oltre che disperatamente irreversibile.
Il mondo non è né della Luce, né dell’Oscurità. Il mondo è del Caos, l’ingovernabile pletora di fenomeni che sconvolgono l’Universo seguendo i mille rivoli che la probabilità disegna nella trama sottile dell’esistenza. E’ lecito tentare di trovare un disegno superiore, cercare una spiegazione è sempre attività degna di grande rispetto, ma l’esperienza insegna che confidare nell’azione di qualcosa o di qualcuno di cui non si sa nulla è attitudine prossima alla disperazione.
La pace, la concordia non sono frutti che nascono spontaneamente sugli alberi bagnati dalla pioggia che viene da novunque e riscaldati da un sole che qualcuno tiene acceso. Sono cose che si pagano con l’impegno, la perseveranza, lo studio, l’intelligenza, e spesso, anche se non ci piace pensarlo, con il sangue di chi si mette sulla strada della nostra felicità e del nostro benessere. Sì, il sangue, fa specie sentirlo, ma le risorse sono limitate, la competizione feroce ed un mondo dove da tutti viene secondo le proprie possibilità e a tutti è dato secondo i propri bisogni non è stato ancora scoperto in questo universo squallido e freddo lontano dalla grazia di Dio.
Ora più che mai ora che finalmente abbiamo capito che quando ci hanno chiesto tre lire per una maglietta o per un paio di scarpe non stavamo veramente pagando tutto il prezzo, ora che l’infezione è piombata nel salotto di tutti ed ad essere colpito non è più quel tizio lì, l’amico dell’amico, ma il figlio, il marito, la sorella o noi stessi, ora che la reazione alla paura sospinge tanti sotto la bandiera della superstizione e dell’ignoranza, ora l’oscurità si fa più vicina.
Se qualcuno è convinto che la guerra si veda solo in televisione, sappia che lo pensavano anche quelli che stanno combattendo la guerra che noi stiamo guardando. La pace non è gratis. E nessuno meglio di chi ha portato per il mondo l’oscurità può saperlo.
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11 commenti su “L’Oscurità”
Grazie per questa riflessione con parole e significato profondi.
Non riesco ad accettare che “il mondo sia del Caos”…come si fa ad accettarlo e conviverci? Dobbiamo abituarci a questi nuovi tempi di costante confusione, opacità e tenebre?
Onestamente, ho dato per scontato tantissime cose…Pensavo che chi era responsabile di alto livello (politici, funzionari di organiz. mondiali, scienziati, ecc…) avrebbe saputo gestire, sarebbe stato preparato a situazioni come pandemia, conflitti e guerre varie. E invece…vanno a tentativi, a volte neanche quelli.
Quindi non mi fido più; e non è una bella sensazione.
Condivido che la pace non sia gratis, e mai come negli ultimi anni lo abbiamo capito. Forse ancora non tutti, ma credo -o voglio sperare e illudermi- che stia crescendo la consapevolezza del valore di partecipare, agire, esserci. Come possiamo agire praticamente per la pace?
Riguardo a guerre e oscurità, credo che dobbiamo stare attenti alle molteplici oscurità e alle guerre su diversi livelli. E magari definire sia cosa intendiamo per oscurità che per guerra. Perché c’è una guerra che si fa con armi, missili, vittime e scontri e c’è anche quella più silenziosa, che opera attraverso soft power, controllo economico, controllo dell’opinione pubblica e dei social media, fa vittime ma non ci rendiamo conto perché magari lo siamo anche noi. E su questo Aldo ci ha illuminato molto bene nei suoi interventi.
Quindi cosa possiamo fare? Non ho risposte. Al momento, cerco di essere vigile, attiva e consapevole. Per niente facile, un po’ faticoso, ma ne vale la pena.
Silvia, che bello leggerti.
Grazie. Sono commossa. Non troppi complimenti, altrimenti scrivo e mi dilungo ancora di più, come già successo e mi scuso.
Quindi cercherò di limitarmi.
Approfitto qui per fare i complimenti a te (scusa, mi permetto di darti del tu) per la capacità espositiva e produzione del testo, in particolare negli interventi sui social media: contenuti spinosi e inquietanti ma trattati con analisi lucida, dettagliata, pertinente e con esposizione chiara e molto scorrevole.
Ovviamente i complimenti al Comandante, che produce composizioni dense di cultura, creatività, intelligenza e significato.
Grazie a voi.
Le tue parole sono gentili e incoraggianti, Silvia. I tuoi commenti sempre densi di significato, intrisi di quella vivacità intellettuale necessaria per rendere il confronto utile ed edificante. Sono contento di aver incontrato qui su spazioY.
Ci vorrà tempo, ma sono convinto che insieme stiamo costruendo qualcosa di importante.
Grazie davvero.
“l mondo non è né della Luce, né dell’Oscurità. Il mondo è del Caos, l’ingovernabile pletora di fenomeni che sconvolgono l’Universo seguendo i mille rivoli che la probabilità disegna nella trama sottile dell’esistenza.”,caro amico mio purtroppo credo che non tutto nel mondo sia soggetto all’ ingovernabile pletora di fenomeni che sconvolgono l’universo, il caos e’ spesso, quasi sempre causato dalle nostre azioni . E anche se sediamo da remoto comodamente su un divano a guardare, persino il nostro solo guardare, non agire, per fermare ciò che accade, e’ complicità, compartecipazione. Come giustamente dici la pace è il risultato di azioni concrete , buona volontà e compromessi, non cresce sugli alberi, ma neanche la tragedia di una guerra ci è arrivata addosso come un fenomeno inevitabile.
chi ha una visione quasi risorgimentale della vita, lo dico facendo ironia su me stessa, vuole credere fortemente che il bene possa trionfare, lottando con passione, certo, ahimè, l’esito non è dovuto, scontato. Perché se c’è una lezione che ho imparato negli ultimi due anni, alla mia tenera età, con mio grande sbigottimento, e’ che la fuori c’è molta più disumanità, malafede, ignoranza, violenza di quanto sospettassi. Grazie 🙏 testo meraviglioso.
Masha, posso permettermi? Secondo me dovresti scrivere qualcosa qui su spazioY.
Potevo permettermi? Beh, mi sono permesso. Ormai è andata. (E scusa l’invadenza. In ogni caso, questo messaggio si autodistruggerà tra 10, 9, 8…).
“Il mondo non è né della Luce, né dell’Oscurità. Il mondo è del Caos”: questa è un’opinione rispettabile, ma solo un’opinione. E se “l’esperienza insegna che confidare nell’azione di qualcosa o di qualcuno di cui non si sa nulla è attitudine prossima alla disperazione” è perché quel qualcuno forse non lo si frequenta abbastanza per saperne qualcosa, soprattutto attraverso linguaggi che, capita assai spesso ormai, non siamo più avvezzi ad usare. Ognuno vive come può, come sa e in ultima istanza come vuole.
Per il resto, grazie, soprattutto per l’avveduta e comunque appassionata concretezza.
Il suo commento mi ha un po’ spiazzato. È tautologico affermare che “quel qualcuno forse non lo si frequenta abbastanza per saperne qualcosa” in risposta al brano che lei ha estrapolato, che si riferisce proprio a “qualcuno di cui non si sa nulla”. Non mi è chiara nemmeno l’allusione ai linguaggi che non siamo più avvezzi ad usare.
Non c’è tautologia. Per cristianesimo ed ebraismo Dio non si può conoscere se non si fa conoscere: non si può parlare di Dio come di una creatura, tanto che per l’ebraismo nemmeno il nome può essere pronunciato; il tetragramma YHWH in realtà si legge Adonai (Il Signore) proprio perché l’uomo non è in grado di dire Dio. L’unico modo per conoscere Dio è quello di entrare il relazione con lui, in modo personale, per esempio pregarlo, senza pensare che le preghiere siano formule magiche. Per questo possiamo dire che per conoscere quel qualcuno bisogna frequentarlo, molto prima di pensare di poterlo dire.
La maniera per conoscere il dio inarrivabile (il totalmente altro) è quindi la fede (che è prima di tutto grazia, cioè dono di Dio) che, accolta, coinvolge tutta la propria persona e che ci viene storicamente trasmessa da altre persone che ne sono credibilmente coinvolte. Con la fede ci viene perciò trasmesso anche il linguaggio che aiuta ad accorgersi (attraverso la fede) della presenza di Dio. La dottrina aiuta a sistematizzare quella conoscenza, a renderla in qualche modo razionalmente intellegibile, ma non è quella conoscenza.
La venuta del Figlio incarnato, morto, risorto e vivente, è la piena rivelazione del Dio inconoscibile ed egli stesso ci ha indicato il modo di rimanere in relazione con lui (Cfr. Gv 1,1-18 e Gv 15-17). Il linguaggio della fede è fatto quindi di partecipazione: all’ascolto, alla preghiera, ai sacramenti, alle opere. Molto più simile a quello che si userebbe con il proprio padre (o la propria madre) o con il proprio miglior amico che a definire l’immagine dell’orologiaio usato in una specifica analogia.
E’ un linguaggio che purtroppo vede avvezze sempre meno persone in Europa ed Italia.
Grazie, ho letto con grande interesse le sue considerazioni. A ben vedere, sembrano rafforzare piuttosto che contraddire i punti sollevati da Commander, offrendo una visione più ampia e approfondita.
Senza scomodare il mito del vaso di Pandora, le dico che nemmeno io confido nella speranza. Mi capita ogni tanto di utilizzare il verbo “sperare”, ma è più per pigrizia che per convinzione. Né tantomeno mi appello a entità superiori in grado di far tornare le cose al proprio posto, semplicemente perché nulla ha un posto riservato per diritto. Tutto è governato dal Caos, come scrive, e se qualcosa sta lì è perché noi con fatica ce lo abbiamo messo e con fatica lo abbiamo difeso.
La guerra è sempre stata una cosa lontana, per quelli della mia generazione. Roba che interessava solo gente del deserto o della giungla, o poveri cristi in chissà quale altro disgraziato posto del mondo.
Il giorno in cui cadde il primo missile sul territorio ucraino qualcosa è cambiato. La guerra è arrivata a casa nostra. Ho già scritto altrove che anche le bombe hanno una morale, un’estetica. Un conto sono le bombe che cadono su un villaggio africano, altro conto sono le bombe che cadono su un divano di pelle sintetica, dove bella spaparacchiata stava fino a un minuto prima una famiglia a guardare l’ultima serie di Netflix mangiando patatine. È inutile che lo neghiamo. È così.
E poi, la guerra era lontana perché noi eravamo più forti. Lo sapevamo. Il mondo intero temeva l’Occidente, e non solo a livello militare. Oggi nemmeno questo è più vero.
Non c’è più nessun muro a separarci dall’orrore, piuttosto uno specchio sottile, nel quale vediamo riflessi noi stessi e la nostra paura.
Grazie Comandante. Per la sua “poesia concreta”. Per la sua straordinaria intelligenza e cultura. Per l’amore che trasuda da ogni singola parola che scrive.