Il rubinetto che perde è definito, in fisica, un “problema caotico”. Sembra che sia matematicamente dimostrato che la successione goccia, non goccia, sia una stringa algoritmicamente non comprimibile. Cioè un problema non definibile tramite una regola che ne descriva completamente l’evoluzione. Troppi fattori influenzano la caduta o meno della goccia: la pressione dell’acqua, la composizione chimica della stessa, la tensione superficiale che ne deriva, la temperatura, lo stato di conservazione dei materiali che compongono tubazione e guarnizioni. E’ significativo che si sia in grado di prevedere il moto di stelle e pianeti al punto tale che la minima distonia può essere giustificata solo con la scoperta di nuovi astri e che invece un fenomeno insignificante, come un rubinetto che perde, sia completamente governato dal caos.
Ecco, immagino che il caos rompa un po’ le scatole a tutti. Appena si è iniziato a studiare scientificamente il mondo, tutto sembrava regolare come un meccanismo di precisione. Pianeti che giravano come una giostra intorno al sole, corpi che subivano spinte verso l’alto, mele che cadevano accelerando a 9,8 m/s2, forze elettriche e gravitazionali inversamente proporzionali al quadrato della distanza, campi elettrici e magnetici governati da leggi complementari.
Probabilmente, ai primi del secolo scorso si deve aver avuto la sensazione di essere vicini alla “ricetta” dell’universo, la magica funzione, magari complicata, secondo la quale il Grande Orologiaio ha costruito il suo giocattolo.
Se si studia più a fondo, si inizia a capire che il caso, il kaos, non e’ la momentanea assenza di conoscenza che giustifica l’assenza di una legge. Esistono veramente fenomeni, che vanno dal moto degli elettroni al rubinetto che perde, che non sono governati da nessuna legge e sono del tutto imprevedibili. L’indeterminazione pervade tutto il moderno approccio alla conoscenza e valica anche l’ultima barriera, quella della matematica. Non e’ possibile determinare le soluzioni generali di un sistema di equazioni diofantine. Le soluzioni sono una sequenza casuale.
Viene da chiedersi quale sia il posto che Dio ha in un universo dove gli elettroni fanno gli affari loro e i rubinetti sono più imprevedibili di una cometa. Rousseau dice che una delle prove dell’esistenza di Dio è il fatto che quando passa uno stormo di uccelli, nessuno può dire con certezza di quanti uccelli sia composto. Eppure lo stormo è composto di un numero finito e determinato di uccelli, questo numero deve esistere. Per lo stesso principio Dio deve esistere. Lui conosce il numero. Probabilmente sa anche quando cadrà la prossima goccia. Lo stesso discorso vale per quello che sto scrivendo. Se lo analizzasse un marziano, che non sa nulla degli uomini e della loro loro storia, che non conoscesse la scrittura umana e last and absolutely least, non sapesse nulla d’italiano, cosa potrebbe concludere?
- Che è una sequenza finita di caratteri.
- Che contiene un numero finito di caratteri diversi.
- Che non può dire di conoscere tutti i caratteri. Non ho usato alcune lettere proprio per fregare il marziano. I caratteri potrebbero essere infiniti.
- Che alcune stringhe di caratteri si ripetono all’interno della sequenza con regolarità.
- Che, dati un certo numero di caratteri, è possibile prevedere quale è il successivo, ma non sempre. Bisogna iniziare a tirare in mezzo la probabilità che dopo “ciclo” non venga “trone”.
- Che l’intera sequenza appare casuale.
E non può essere diversamente. Quello che attribuisce senso a questa sequenza di caratteri è l’idea che essi intendono esprimere. Potrei aggiungere, se volessi, delle parole che non c’entrano nulla, giusto per far venire mal di testa al marziano:
She walks in beauty, like the night
Of cloudless climes and starry skies;
And all that’s best of dark and bright
Meet in her aspect and her eyes;
Il senso del tutto non rimarrebbe alterato. Oppure potrei esprimere gli stessi concetti con parole assolutamente diverse o in mille lingue differenti. Altra sequenza casuale per il marziano ma significativa per me.
Ed ecco che le cose assumono un senso e il rubinetto trova il suo posto nel grande scaffale. Non è detto che ci sia una legge a governare un fenomeno. Non è detto che le stesse ipotesi portino sempre alla stessa tesi. Questo non esclude che ci sia chi sia in grado di leggere i fenomeni e comprenderli, a prescindere dall’arbitrio con cui, indifferenti alla nostra meraviglia, essi evolvono.
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3 commenti su “Apologia della Goccia”
Comandante, questa riflessione è di alto e altro livello. Ammetto le mie lacune e per quello che ho capito, direi che:
– devo fare pace col caos
– a ciascuno il suo (senza riferim. cine-letterari)
– “Ognuno vede ciò che sa” (B. Munari)
… e -aggiungo io- speriamo che usi bene e per il bene ciò che sa.
– ogni linguaggio ha una codifica e una chiave d’accesso.
Non tutti però hanno/vogliono l’accesso. E va bene così.
– dare un senso è naturale, innato, umano.
– quello che unisce noi come umanità -e chissà, magari anche il marziano- sono i cosiddetti universali tipologici e le caratteristiche comuni che possono renderci intelligibili. Sempre se lo vogliamo.
Il marziano mi ha ricordato il film “Arrival”, un po’ troppo lento e americano, ma con alcuni spunti utili sul senso del tutto, decodifiche e vita umana.
– Lunga vita al caos.
Le Letture che piacciono a me!🖤
Grazie per questo inaspettato e graditissimo déjà-vu.