Dopo una prima lettura dell’EDIS (European Defence Industrial Strategy), penso che si tratti di un buon indirizzo per la definizione di strategie per un’infrastruttura tecnologica difensiva per l’Europa e una politica industriale adeguata ai tempi. Sarebbe stato anche utile se fosse stato pubblicato 15 anni fa e messo in lavorazione subito dopo. Ora mi appare sicuramente indispensabile, ma non risolutivo, perché si rivolge a un orizzonte temporale troppo lungo e mette tanta carne al fuoco. È quello che è, un documento programmatico dispersivo. Nel contingente, oltre a condividere buone intenzioni, penso servirebbero manovre operative. La classe dirigente EU, forse, non poteva fare altro e sembra puntare sul fatto che la russia si concederà una lunga pausa per tirare il fiato e che la prossima presidenza americana sarà meno ostile rispetto a quella trump. Qui, ovviamente, siamo nel campo delle ipotesi e la mia vale quello che costa leggerla: niente. Io credo che i rapporti tra USA e EU siano cambiati definitivamente. Se anche la prossima presidenza avesse indirizzo politico diverso da quello attuale, non credo che dissiperebbe il capitale strategico accumulato da trump abbandonando l’Europa. L’asse del mondo si è spostato, la russia si è dimostrata meno pericolosa di quanto si temesse e offre una disponibilità di aggressività e materie prime che può essere utile agli USA molto più che le complesse regolamentazione europee, la sua industria che compete con quella americana e un mercato che, tra crisi economica e consolidamento delle piazze asiatiche e indiane, può solo diventare progressivamente meno accattivante. Per questo, sempre secondo me, l’Europa non può aspettarsi più benevolenza da washington. E questo anche se la prossima presidenza fosse democratica e illuminata. Detto questo, è evidente che, se un buon piano a medio termine è cosa giusta, non va dato per scontato che la situazione rimarrà tranquilla a lungo. La debolezza intrinseca dell’articolo 5 NATO e la possibile smobilitazione della truppe americane dai paesi confinanti con la russia, rendono meno credibile la deterrenza militare europea e mettono il continente in condizioni simili a quelle che hanno preceduto l’ultima guerra. Per quanto riguarda la russia, pur considerando che, secondo me, se avesse minacciato azioni militari in Ucraina piuttosto che iniziarle veramente, probabilmente avrebbe ottenuto lo stesso se non di più senza le perdite che ha subito, è vero che ha dissipato uomini e risorse, ma il suo livello di prontezza al combattimento in tema di addestramento, abitudine alla privazione e resilienza dell’opinione pubblica interna è, per ordini di grandezza, superiore a quello europeo. Senza contare che una ripresa dei rapporti commerciali internazionali, risorse naturali e l’industria già regolata su regimi bellici, possono rapidamente recuperarla in termini di equipaggiamento.
Per questo, dal suo punto di vista, se il vicino apre gli occhi e inizia a tirare su una staccionata, sarebbe meglio non dargli tempo di completarla, almeno fino a quando è ancora possibile agitare credibilmente il bastone nucleare senza temere ritorsioni equivalenti.
In poche parole, un’Europa ancora imbelle, senza un reale supporto militare degli stati uniti e senza una deterrenza nucleare, non sarebbe in grado di opporre alcuna credibile resistenza all’eventuale aggressione di stati ex URSS. E se questo avvenisse, sarebbe un colpo ferale per l’idea stessa di Europa. L’anticipazione plastica di un declino economico e militare irreversibile.
Potete trovare l’EDIS a questo link
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