A parte qualche rarefatta reazione, peraltro molto composta e istituzionale, non sembra che il primo mese di presidenza trump, con tanto di riassetto strategico, avvicinamento alla russia, proposte spaziali su Gaza e migliaia di licenziamenti, fra i quali, e questo è buffo, anche suoi elettori, abbia agitato più di tanto il mondo politico americano e tanto meno l’opinione pubblica di quel paese. E questo nonostante il pestaggio televisivo inferto a Zelensky. Anzi, credo che questo spettacolo possa addirittura essere risultato gradito a chi, nel suo DNA culturale, ha un allele dedicato al Jerry Springer Show. Quindi, ora, due sono le cose. O noi europei la facciamo troppo tragica, oppure trump è ancora molto lontano dalla soglia di tolleranza che l’elettorato americano è disposto a sostenere. Tenderei a escludere la prima opzione. È vero. In generale in Europa, ma soprattutto in Italia, c’è una certa tendenza alla drammatizzazione, alla quale, spesso, non segue alcuna azione. Però, va anche detto che la crisi economica e la guerra hanno fatto più danni qui che in america.
Personalmente, propendo per la seconda opzione. Io credo che, almeno per ora, data per scontata la sostanziale catalessi dei democratici, nel mondo repubblicano si stia iniziando a pensare che la declinazione MAGA sia destinata a lunga vita. Questo, in un paese dove non è facile come in Europa farsi partiti sartoriali, vuol dire che, se si vuole continuare a rimanere nel giro, bisogna prendere atto della situazione e cercare di conviverci. Almeno fino a quando, cosa che ritengo inevitabile, il petardo con cui stanno giocando trump e i suoi non gli scoppierà tra le mani. Io non credo più nella politica. Per questo, non sono deluso dal comportamento di chi, anche lì, campa di questo mestiere. Il segnale più triste viene dagli americani, la cui sostanziale inerzia di fronte a questo andazzo è foriera di ulteriori e irreversibili degenerazioni. Questo, purtroppo non è solo un loro problema vista la dipendenza che l’intero ecosistema economico, finanziario, industriale e militare ha nei confronti di quella nazione.
Per quanto ci riguarda più direttamente, io guardo all’Europa piuttosto che alla gestione condominiale del nostro paese. Non so chi veramente abbia mai creduto alla possibilità che la presidenza del consiglio italiana potesse giocare un ruolo di coordinazione tra trump e l’Europa. A me è sembrata sempre un’ipotesi più buffa che altro. I fatti stanno andando rapidamente oltre le capacità di mediazione che Roma può esercitare. Quindi, immagino, che nel tentativo stare sia qua, sia là, il nostro paese finirà per rincorrere l’unica opzione possibile, quella europea, data la collocazione geografica, le reciproche interdipendenze e la sostanziale debolezza di industria ed economia. Rimane, quindi, l’orizzonte francese e tedesco, intorno al quale, se verrà trovato un accordo di base, si potrà iniziare a costruire il nucleo operativo del salvagente europeo. Magari con obiettivi iniziali semplici, sulla difesa soprattutto e con un’integrazione costruttiva con la Gran Bretagna, sulla quale, però, meglio non fare eccessivo affidamento. Se, come credo, si giungerà presto a un cessate il fuoco in Ucraina, con condizioni che consentiranno a putin di attribuirsi una vittoria, l’Europa avrà pochi anni per consolidare strumenti da affiancare alla NATO, nel caso che l’alleanza sia indebolita da un’azione erosiva messa in atto dagli stati uniti. Se anche questo tempo verrà sprecato tra chiacchiere, ricerche di unanimità, politiche che guardano a un secolo ignorando i prossimi 10 anni, allora ci sarà guerra in Europa perché la russia non ha nè le possibilità finanziarie, nè quelle economiche, nè le competenze per definirsi un futuro pacifico. È un popolo che ha deciso di vivere di rapina e sfruttamento. Ne va preso atto, scoraggiando le sue iniziative belliche, oppure si muore.
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